LE DONNE DI PANGEA

C’ era una volta, o forse non c’era, quando le creature di Dio erano numerose come chicchi di grano e parlare troppo era peccato, perché potevi dire ciò che non dovevi ricordare, e potevi ricordare ciò che non dovevi dire. (Inizio di una fiaba turca e anche di una fiaba armena. La bastarda di Instanbul, Elif Shafak)

Un movimento che nasce dal basso. Una struttura snella e veloce, fatta di poche persone che le cose le fanno per davvero. Persone che hanno un obiettivo nella testa e lo perseguono con tutta la determinazione di cui sono capaci, dimentiche del confine che separa vita e lavoro.

Pangea nasce nel 2002 per volontà del suo fondatore e attuale presidente Luca Lo Prestiracconta Silvia Redigolo da 14 anni dedita anima e corpo alla realizzazione di questo sogno. “E nasce con la mission di aiutare dei bambini in Romania. Una emergenza tamponata in quel momento dandoci forma giuridica di Fondazione, perché la via più veloce. Una Fondazione piccola, che non ha alle spalle grandi patrimoni preordinati, ma che lavora grazie alle donazioni di privati e di aziende. Ecco perché la campagna Siamo Tutti Pangeaproprio per dire che ognuno, anche con poco, può contribuire.”

Nel 2003 Pangea inizia a lavorare in Afghanistan facendo un intervento intelligente e strutturato di educazione, alfabetizzazione e formazione professionale. Impostando corsi di igiene e salute riproduttiva e dando vita a Jamila, uno specifico progetto di accesso al micro credito per consentire alle donne di avviare la loro impresa. Un progetto che guarda proprio alle donne, a loro che dicono di sentirsi invisibili, a loro che private di tutti i diritti non sanno nemmeno di esistere. Rivolto alle mamme perché intese come moltiplicatore, perché aiutando una mamma e rendendola consapevole si aiutano anche tutti i suoi bambini e si dà loro reale speranza di un futuro migliore.

“Laila è il simbolo delle donne di Kabul. Viveva in una sorta di buca dalla quale veniva estratta solo per essere fatta prostituire così che potesse mantenere la famiglia e poi veniva rimessa in quella stessa buca. Non sapeva né leggere né scrivere e quando Pangea le fece la proposta di partecipare ai corsi di formazione, non nascondendole i rischi nei quali sarebbe potuta incorrere, come le botte, la violenza, lo stupro, lei disse solo – Io sono già morta e tutto quello che posso fare per il futuro delle mie figlie io voglio farlo -. Laila ora sa leggere e scrivere e gestisce in autonomia, nel distretto 13, il progetto. Ha un sorriso che riempie il cuore e ha insegnato a tutti noi che la parola impossibile non esiste.”

Autonomia, riscatto e consapevolezza sono volano di cambiamento per l’intera famiglia. Dato che Pangea lavora concentrandosi su singoli quartieri succede che il cambiamento investe tutte le donne dello stesso quartiere incentivando confronti, scambi e aperture tan’è che ora il progetto Jamila è gestito proprio dalle donne afghane come Laila che ne sono state prime beneficiarie. E così i bambini iniziano ad andare a scuola e gli uomini cominciano anche loro a voler partecipare ai corsi perché desiderosi di stare al passo con l’emancipazione delle donne.

“Racconto spesso di questa donna che arrivava da noi ogni settimana con un livido diverso, doveva lottare contro la famiglia per poter partecipare ai nostri corsi. Ma poi, anche in maniera inaspettata ti dirò, è arrivata al centro donna una lettera del marito che ci ringraziava perché anche la sua vita, grazie al cambiamento della moglie, era cambiata in meglio. Perché c’era una entrata economica quindi si mangiava, la casa era più pulita e sua moglie era anche una mamma diversa, diversa nella gestione dei figli.”

Come a Kabul anche a Koppal, nel sud dell’India, i progetti ad un certo punto vanno avanti da soli. Ed è il successo più grande sapere che le donne sono diventate talmente brave da essere capaci di auto gestirsi e fare loro stesse da banca organizzando piccoli gruppi di auto risparmio.

E ancora, donne. Le donne disabili di Calcutta, quasi la sfortuna nella sfortuna. Progetti di educazione, alfabetizzazione e microcredito, supporto dal punto di vista medico e tutto l’aiuto necessario ad ottenere la disability card.

Con le donne di Calcutta avevamo istituito dei corsi di formazione professionale di sartoria ma poi, lo scorso anno, loro stesse hanno chiesto in aggiunta anche dei corsi di bellezza perché volevano imparare a fare le parrucchiere e le estetiste per farsi belle loro e far sentire belle altre donne. Vuol dire che abbiamo lavorato benissimo con il concetto di emancipazione. Se una donna disabile, che è percepita generalmente come la donna brutta e sfortunata, rivendica di voler essere bella è un grandissimo risultato! Per finanziare questo progetto abbiamo avuto il supporto di 7 aziende italiane, tutte attive nel settore bellezza, che hanno accantonato il loro ego e insieme, passando oltre al fatto di essere potenziali competitors, hanno messo a disposizione i loro saloni per fare raccolta fondi.”

E poi qui vicino, in Italia, perché non serve necessariamente andare dall’altra parte del mondo per trovare situazioni difficili. Basta andare a Potenza, Caserta, Latina o Olbia nei centri anti violenza che Pangea dal 2008 sostiene, intervenendo sia sulla violenza domestica che sulla violenza assistita, quella alla quale assistono i bambini. Quando una donna vittima di violenza è una mamma di solito c’è sempre un minore, spettatore suo malgrado, che deve proteggerla o nel peggiore dei casi soccorrerla. Un bambino che non ha figure genitoriali e che entrando nei centri di accoglienza deve fare un percorso congiunto con la madre, con la quale ha vissuto il dramma, per ricostruire un rapporto sano: perché i bambini siano di nuovo bambini e le mamme di nuovo mamme.

“Sono storie terrificanti! Il ceffone arriva dopo mesi o anni di violenza psicologica e quando arriva la donna pensa di meritarlo. Il punto di rottura, il dire basta, scaturisce spesso dall’atto di guardare negli occhi il proprio figlio e capire la necessità di dovergli garantire un futuro diverso. Un futuro che non contempli la paura.”

Siamo Tutti Pangea a dire che tutti possiamo fare qualcosa, qui e ora, nella quotidianità. Partire spesso non serve, un gesto più teatrale certo ma spesso non è così efficace perché è qui, oggi, che si deve e si può fare. Ed è la bellezza della vita di ognuno. Poter raccontare un giorno a tutti i bambini del mondo una fiaba che così inizia:

c’era una volta, o forse non c’era…ma non temere, adesso non c’è più…

Desidero ringraziare per la cortese intervista Silvia Redigolo, Responsabile gestione donatori e Ufficio stampa Pangea

Foto di Ugo Panella 

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