MANGIARE BERE VIVERE AMARE

“Cucinare per me? E’ la vita, che scorre. Dentro, un senso di memoria. Sono i sapori delle pietanze che preparava mia nonna con l’aggiunta delle spezie, simbolo delle esperienze vissute con le persone che ho incontrato lungo la strada. E’ la manifestazione di me, perché se cucino quando sono triste i miei piatti non mi riescono bene come quando sono felice. Quando sono felice allora tutto è più gustoso! La mia è una cucina intrisa di emozioni, che comunica attraverso le emozioni. Non si tratta solo di condividere la cena, si tratta di condividere parte del mio viaggio. In questo spazio e tempo limitati che chiamiamo vita 2 persone che hanno camminato cammini diversi si incontrano, siedono l’uno accanto all’altro e cenano insieme. Trovo che sia una magia. Tra 100 anni, quando non ci saremo più, non sarà bello sapere che in qualche modo abbiamo assaporato, in un momento di vicinanza, tutta la gioia di cui è capace la vita? Cucinare per me è vita e la vita è in un certo senso una forma d’arte.”

All’ombra del TIGLIO: mangiare, bere, vivere, amare. All’ombra dell’albero della bodhi dove Siddhartha, il maestro religioso fondatore del buddhismo, meditò quando giunse al nirvana. Lì siede una giovane donna, piccola, sorridente, dai contorni di irreale.

Ho voluto utilizzare questo nome, TIGLIO, come monito per ricordare a me stessa di accettare tutte le cose che accadono nella vita e per imparare da esse purificando i miei pensieri e la mia anima. Qui, sotto l’albero della bodhi, aspetterò l’uomo che saprà invecchiare con me.

Conseguita a Pechino la laurea in Gestione delle Arti, Qiji intraprende presto una serie di attività in ambito artistico mostrando una trasversale intraprendenza. Crea il proprio studio, poi un sito web per gli addetti ai lavori, partecipa all’organizzazione di importanti mostre ed eventi come la Contemporary Art of Farmers Market Exhibit e il North Village Art Zone.

“Nel 2008 ho iniziato a lavorare come assistente dell’artista d’avanguardia Zhao Bandi, seguendolo nella realizzazione dei suoi progetti presso la Art Zone 798 di Pechino. Sono stata coinvolta in tutto il suo lavoro, compresa l’organizzazione del BANDI PANDA fashion show a Parigi.”

Conosciuto come “l’uomo panda” Zhao Bandi è un artista cinese balzato agli onori della cronaca per i dipinti, le sculture e le installazioni sempre ispirati alla figura del panda. Incurante del dissenso piovutogli addosso per aver utilizzato un simbolo tanto caro alla nazione, ha inteso con esso esplorare i confini che separano arte, pubblicità e attivismo politico, enfatizzando la vaghezza intercorrente tra realtà e immagine.

“Il progetto BANDI PANDA si è concluso con il film dal titolo Let Panda Fly. Ci sono voluti 3 anni per la sua realizzazione, un film tutt’altro che commerciale, artistico direi, 80.000 biglietti venduti e la partecipazione a molti Festival del cinema sia nazionali che internazionali: da Pechino a Varsavia, da San Diego a Vittorio Veneto (TV). Oltretutto, mentre lavoravo a questo progetto, ho avuto la meravigliosa opportunità di collaborare con una delle più prestigiose gallerie d’arte di Shangai, la ShangART Gallery.”

Anticonformista nelle scelte, poetica nelle parole, libera nel pensiero. Qiji è quanto di più distante si possa immaginare dal materialismo che contraddistingue la contemporaneità cinese. Il mondo dell’arte l’ha plasmata nei gusti e nelle scelte, ne ha enfatizzato la creatività e le ha consegnato un bagaglio di strumenti importanti con cui affrontare la vita e il vivere.

“Amavo il mio lavoro e davvero avevo grande stima di Zhao Bandi, per me un amico e un maestro, parte della mia famiglia e mio mentore allo stesso tempo. Lui che sempre mi ripeteva – Non dovresti preoccuparti di quello che pensano gli altri, pensa solo a vivere bene la tua vita.- In Cina tutti giudicano le sue opere, lo criticano e lo attaccano anche dal punto di vista personale. Io che ho lavorato a stretto contatto con lui ho compreso a fondo l’artista, la sua straordinaria capacità di guardare avanti, di investigare il significato reale e profondo dell’arte.”

Nel 2013, sola con il suo zaino in spalle, inizia a viaggiare. Austria, Germania, Francia, Spagna, Portogallo e poi l’Italia: un viaggio dentro il Rinascimento, l’arte classica, la storia. Di ogni luogo apprende usi e costumi, non ama atteggiarsi a turista ma diventa, anche se per brevi periodi di tempo, parte integrante della comunità.

“Mi piace la moda, l’arte, l’architettura e sono appassionata di film. Sono orgogliosa di aver lavorato con il meglio del meglio dell’industria cinese. Ma aver visto tutte queste star brillare nei loro rispettivi ambiti ha fatto si che perdessi di vista me stessa. Nei loro orizzonti tanti successi e tanti sogni. Ma erano i loro.”

E i miei di sogni? E io? Chi sono? Come posso contribuire in maniera costruttiva allo sviluppo della società in cui vivo? Per trovare risposta a tutti questi interrogativi ho deciso di cercare la mia strada in Europa. E’ stato viaggiando attraverso questo continente che ho capito quello di cui avevo bisogno.

Studia Storia dell’Arte all’Università di Bologna, vive per un po’ a Firenze e a Ravenna, va spesso in Sicilia. Una notte, come protetta dal cielo di Cefalù, davanti al blu del mare, prende la decisione di trasferirsi a Milano e di spendere i giorni a fare una cosa che davvero le piace. Decide di iniziare a cucinare.

“Ci sono troppi ricordi a Pechino che ancora non riesco ad affrontare, credo che mi servirà del tempo per lenire le ferite, per far passare il dolore dell’essermi in qualche modo persa. Iniziare una vita nuova in questo Paese nuovo è per me una grande opportunità. E spero un giorno di incontrare qualcuno che apprezzi il mio ristorante, qualcuno per cui poter cucinare tutto il resto della mia vita.”

Incredulità negli occhi dei connazionali. Quando le luci in forma di legno si illuminano e le ortensie profumano la strada. La guardano tutti ma Qiji guarda il cielo, sta scrutando le nuvole che passano per capire dentro quale infuso cucinare i suoi noodles questa sera. Chiude gli occhi e poi, con grazia errabonda, scompare in cucina a orchestrare note che suonano più o meno così: Mangiare Bere Vivere Amare.

“Vorrei che il TIGLIO diventasse un posto speciale, un posto in cui trovare buon cibo ma anche un luogo di pace e di quiete, ristoro per l’anima. Lo immagino come una sorta di ponte tra la cultura cinese e quella italiana e vorrei farvi confluire la moda, l’arte e i film.”

Uno spazio di condivisione che non sia uno spazio elitario, non uno spazio costretto dentro certi schematismi. Perché l’arte dovrebbe essere libera. Al pari della vita.

Desidero ringraziare Qiji per il prezioso tempo dedicatomi. Il Ristorante il TIGLIO si trova a Milano in Via Venini 54.

Foto di Valerio Eliogabalo Torrisi

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