MIX FESCIONVUIK

Scrivevo un po’ di tempo che fa che sebbene la moda si sia spostata dalla mia sfera di interesse, ci sono ancora storie che mi piace raccontare. Storie che transitano fuori da un sistema che ristagna nelle acque paludose di una crisi dal carattere endemico prima ancora che pandemico. Storie di creatività coraggiosa, a loro modo rivoluzionarie. Perché decidere di essere niente altro che sé stessi, contro e oltre ogni omologazione, é davvero una grande rivoluzione.

Ripartirei da qui, da queste premesse, per parlare di MIX Fescionvuik, il nuovo progetto di Rita Capuni, Sara Patriarca e Marco Dell’Oglio, primo fashion market di alta qualità della città di Pescara, che si svolgerà dal 17 al 19 giugno 2022 presso ƎMERGE project space, spazio multidisciplinare dedicato all’arte contemporanea e alle nuove forme di ibridazione dei linguaggi.

Un evento che, a cominciare dal nome – ironico, dissacrante, provocatorio nel suo modo di fare il verso ai diktat del sistema – dimostra l’intenzione di collocarsi al di fuori di ogni schema, fuori dal perimetro del già visto e del già noto. Avendo il coraggio di abitare la propria condizione di marginalità, di esaltarla in qualche modo, facendone esperienza e trasformandola in una prospettiva privilegiata dalla quale ripensare l’atto del vestirsi e le sue implicazioni.

Marginale è innanzitutto la condizione della periferia urbana che rappresenta il luogo – o meglio, secondo la nota definizione dell’etnologo e antropologo francese Marc Augé, un aggregato di non-luoghi. Proprio qui, infatti, confluiscono le fratture macroscopiche che attraversano da ormai più di cinquant’anni il capitalismo, quelle che riguardano le differenze di status, di classe, di genere, di origine. Un pensiero viziato dal pregiudizio secondo il quale il concetto di “centralità” ha connotazione positiva, mentre quello opposto viene associato all’idea di subalternità. Anche la periferia urbana acquisisce in tale prospettiva l’accezione di zona alienata ed alienante, carente sia a livello strutturale che culturale.

Poter pensare, oggi, di eleggere la periferia a luogo dell’accadimento, sovvertendo il codice della centralizzazione che l’industria del fashion si è sempre arrogata, trova fondamento non solo nella volontà di cambiare scenario ma anche nella forte accelerazione che il digitale ha impresso a tutti i settori negli ultimi anni, segnando un cambio di passo importante e favorendo ancor di più la penetrazione nel quotidiano dell’identità ubiqua, la possibilità di essere ovunque pur stando fermi davanti al proprio computer.

Ma poter parlare di moda ovunque e comunque, scardinando e superando le dinamiche che regolano l’industria e che ne hanno depauperato il potenziale creativo, si accorda soprattutto con la pratica e la poetica del gruppo di creativi che ha ideato questo evento.

A cominciare da Rita Capuni, fondatrice dell’omonimo marchio, il cui vocabolario della moda da sempre predilige il disadorno, lo sdrucito, il fragile. Una grammatica che si articola intorno alla possibilità di produrre singolarità in un mondo sempre più standardizzato. In contrasto con certe dimostrazioni rumorose e abbaglianti di forma, la forma dei suoi capi, qualunque ne sia la declinazione, rimane funzionale e vestibile, destinata a durare nel tempo.“Moda? Una parola che trovo proprio antipatica. Il mio è più che altro uno studio, una ricerca, e nel mio percorso creativo la parola ricerca ha un peso molto significativo. Vuol dire crescere, cambiare, esser in costante evoluzione. Anche a livello personale quello che cercavo un mese fa è diverso da quello che cerco ora.”

Rita Capuni

Marco Dell’Oglio è un designer contemporaneo, un esteta impegnato e un viaggiatore visionario. Saturo di esperienze multidisciplinari nel fashion design, nella grafica e nell’arte, approda oggi a SUNMARCO, la sua collezione intima e speciale. “Il mio progetto personale si scrive come il sole e si legge come il santo, è un po’ la mia beatificazione nel mondo della Moda. Sono innamorato della mia nuova collezione che presento in questa occasione: è fluida, geometrica, delicata e forte allo stesso tempo. Incentrata soprattutto sull’upcycling, è un lavoro di ricerca che si basa sul riutilizzo di materiali di qualità, come lenzuola e federe in cotoni ritorti e fiandre di lino ricamate a mano che arrivano dal baule della nonna… La mia amica creatività non mi abbandona mai.”

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Sara Patriarca è invece la fondatrice del progetto Borsara, nato nel contesto di una realtà produttiva artigiana che da oltre cinquant’anni lavora nel mondo dell’arredo. “È qui, in questo contesto intrensicamente legato alla produzione, che ho sentito il bisogno di inserire anche il mio operare e di creare un manufatto di uso comune: la borsa. Essa nasce plasmandosi in modo quasi autonomo per diventare un oggetto contenitivo dalla forma essenziale, senza orpelli o vezzi, che non segue le tendenze del momento e non si colloca in un discorso temporale. Diventa, in ultima analisi, un archetipo.”

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Insieme a loro, così da ampliare l’offerta merceologica e offrire un’esperienza di prodotto a 360°,  anche i bijoux colorati e inclusivi di Ballsmania, brand fondato da Mirta Frosini, le calzature fatte a mano e su misura di Giovanna d’Ulisse e i capi realizzati con tessuti naturali e vintage di Stefano Matina. Un mix di storie, gusti e visioni accomunate dal desiderio di una libera manifestazione espressiva.

Pensare sostenibile, produrre di meno per produrre meglio, riutilizzare le rimanenze di magazzino, dare un futuro a pellami pregiati, considerare l’heritage del Made in Italy come punto di partenza per nuove narrazioni creative, che si accordino esteticamente ed eticamente con il tempo che stiamo vivendo. E ancora, l’attenzione all’ambiente e al lavoro dell’uomo, e per l’uomo, sono tutti temi che si innestano in un progetto la cui caratteristica precipua è senza dubbio il carattere di indipendenza.

Indipendente, in senso letterale e in generale, è tutto ciò che non dipende, che non è soggetto o subordinato ad altre persone o cose. Tutto ciò che non intende seguire il giudizio, l’autorità, il modo di vedere e di pensare altrui. Il modo in cui, probabilmente, la moda dovrebbe tornare ad essere.

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