EDI BALLA, UN’INTERVISTA

Edi Balla è nato a Tirana, in Albania, nel 1997. Dopo aver conseguito la laurea in ceramica e il master in scultura monumentale presso l’Università di Belle Arti di Tirana, si è trasferito insieme alla famiglia in Italia, a Lodi, dove attualmente vive e lavora. Attraverso l’impiego di media diversi – la scultura, la pittura, le installazioni – Balla indaga il tema dell’identità dando forma alla moltitudine di emozioni che abitano lo spirito umano.

Francesca Interlenghi: Vorrei partire dalle tue origini, dall’Albania che è la terra nella quale sei nato e ti sei formato, per chiederti in che modo la storia sociale e politica del tuo Paese  abbia influenzato la tua poetica.

Edi Balla: Sono nato nel gennaio del ‘97, un anno irrequieto. Sono nato nel periodo dell’inizio incerto della democrazia nel mio Paese, appena uscito da un regime totalitario. Se mi avessi fatto allora questa domanda non avrei saputo come rispondere, ma adesso posso dire con convinzione che potrei essere stato inconsciamente influenzato da quel periodo: i professori che ci diedero le prime lezioni d’arte appartenevano alla generazione uscita dal regime comunista. Ad ogni modo, l’influenza ha preso forme diverse, da quella culturale, politica, ai costumi e alla mentalità, e tutte queste hanno attraversato il periodo del mio sviluppo e della mia formazione. Posso dire di aver provato a capirle, ad accettarle, ma in fondo a me ho cercato di essere un autodidatta. Le influenze sono generalmente esterne, si presentano in forme diverse lasciando un segno. Ho notato negli anni della mia formazione che la società ha la tendenza a proiettare la propria mentalità su ogni forma d’arte, cosa a cui sono completamente contrario. La mentalità e la morale, secondo il mio punto di vista, danneggiano la creazione artistica, la critica e il pensiero libero.

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Edi Balla, Ritratto 

Francesca: Cosa ricordi degli inizi? Quali le difficoltà nell’intraprendere il tuo percorso di artista?

Edi: Io non sono un figlio d’artisti, sono cresciuto in modo semplice. Ho imparato anche dalle mancanze. Il mio Paese, così come ogni altro, ha la sua storia, i suoi difetti e le sue contraddizioni. Ci sono stati momenti in cui non sono stato compreso o apprezzato, ma non è nulla di nuovo. Ho cercato di non vedere confini tra la politica, la società e l’arte. Nella società ancora povera dell’Albania, spesso non si pensa all’arte. Incontro ancora persone che considerano l’arte come una semplice passione. È stato difficile anche per me sbarazzarmi da questa convinzione e vedere l’arte come una professione. La decisione non è stata semplice, soprattutto quando la famiglia si aspetta che il proprio figlio abbia un lavoro sicuro, con una paga sicura. Durante l’adolescenza, quando ho dovuto scegliere la mia strada, la mia famiglia era scettica riguardo la mia decisione… avevo la possibilità di intraprendere una strada diversa… ma sapevo che se l’avessi fatto, mi sarei pentito. Io ho scelto l’arte, la libertà. Durante la mia formazione scolastica, mi è stato offerto un lavoro in un progetto al teatro “Aleksander Moisiu” come truccatore e più tardi come scenografo. Mi sono trovato in una grande famiglia, ho conosciuto da vicino la mia attrice preferita Mimoza Marjanaku, che più tardi è diventata una delle mie sostenitrici. Questo periodo ha avuto un’influenza importante su di me. Un’influenza e il ricordo, il ricordo di come sei cresciuto, dei quartieri, della famiglia, degli amici, della scuola, delle esperienze, del passato. La dimenticanza non cancella l’influenza, ma la porta ad uno stadio inconscio.

Iosonoedi

Edi Balla, Io sono Edi 

Francesca: Scultura, pittura, fashion design e scenografia sono gli ambiti nei quali si esprime la tua creatività. Quale il filo conduttore che tiene connesse queste diverse discipline? 

Edi: È vero, ho sperimentato con queste discipline artistiche e tutte mi hanno completato come artista. La mia è una risposta semplice e vera: ho sempre voluto sperimentare. Durante questi esperimenti nelle diverse discipline sono arrivato a osservare la mia esistenza frammentarsi in esistenze ancora più piccole. In modo inconscio ero alla ricerca della mia identità.

Francesca: In riferimento alla scultura, l’argilla, come tu stesso sostieni, è il tuo materiale d’elezione, quello con cui tutto è iniziato e che ti ha proiettato nelle dimensioni della plasticità, della ricerca e della creazione. Mi puoi parlare di come si è evoluta la tua pratica nel tempo, sia in relazione all’utilizzo dei materiali che in merito all’elaborazione della forma?

Edi: Sono cresciuto lontano dal centro città e quando dovevo andare a scuola d’inverno, molto spesso mi sporcavo le scarpe e i pantaloni di argilla; durante le ore di lezione l’argilla si seccava, dando vita a forme e trame diverse. Ed è così che ho iniziato: ho scelto l’argilla. L’argilla è una materia base, amorfa, fa parte della terra. Nel suo significato letterale si tratta di una combinazione di minerali, di terra e d’acqua. Nel suo significato biblico l’argilla rappresenta le cose di poca importanza e ripugnanti (paradossalmente questo è il significato datole). Trattata come una materia base nella scultura, io la vedo come un processo intimo e di ricerca e come l’originale di ogni opera. Tra me e l’argilla si crea un rapporto intimo di sensi e sentimenti. L’argilla è ossequiente, dominabile, riproduce i segni delle mani e delle dita… questo crea la plasticità e il segno. La parola “materia” deriva dal latino mater che significa “madre” e delinea ogni corpo concreto e tangibile. La materia è legata etimologicamente alla natura, che deriva dal latino nascor, ovvero “nascere”. L’argilla è l’origine. La materia in natura è fisicità, corporeità. Ogni corpo è materia, che sia in forma solida, umana, che sia viva o morta. Alla materia sembra contrapporsi l’idea, la mancanza di pensiero e la concettualizzazione, e tutte queste sono oggetto della mia ricerca artistica.

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Edi Balla, Frammento della serie 7pc

Francesca: Tra i tuoi lavori, quello relativo ai “Sette Peccati Capitali” mette in scena una serie di figure antropomorfe che insistono sul carattere emotivo dell’essere umano, il cui agire non è mai disgiunto dal proprio sentire. Tu stesso dici di “aver sempre voluto dare forma all’emozione, gettare corpi di pensiero; L’assoluta verità individuale è l’emozione, il sentimento.” Mi puoi raccontare la genesi e lo sviluppo di questo progetto?

Edi: Sono sempre stato interessato ad osservare attentamente il rapporto che si crea tra quello che si chiama principio o definizione, ma anche da quello che può essere definito dalla FEDE, dal KANUN (le antiche leggi e usanze non scritte rimaste in vita grazie al passaggio da una generazione all’altra), dalla LEGGE e dall’EMOZIONE, che rappresenta un campo infinito di sentimenti che accompagnano istintivamente ogni azione. Ho deciso di interpretare questo rapporto creando “I 7 Peccati Capitali”. Il nucleo di questa interpretazione è la sfera, non solo come simbolo ma come un sentire cosmico, astratto e aggressivo. La superbia, la gola, la lussuria, l’ira, l’invidia, l’avarizia, l’accidia. Seguendo il mio punto di vista, ogni pezzo è nato dalla fede assoluta nella verità delle emozioni e delle azioni dell’uomo. Provare tali emozioni è umano, vederle spogliate da ogni pregiudizio è libertà. Quello che rimane di incompreso ha l’obiettivo di presentarsi nell’opera.

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Edi Balla, Frammento della serie 7pc

Francesca: Mi puoi parlare del processo creativo che qui hai messo in atto?

Edi: Il contatto tra la realtà emotiva e quella fisica avviene attraverso due materie, quella biologica delle ossa e quella chimica del gesso. Insieme formano il personaggio senza genere de “I 7 Peccati Capitali”. Ho scelto di utilizzare delle vere ossa, per un effetto naturalmente realistico, come simbolo dell’esistenza passata e della mortalità. Il desiderio di studiare gli effetti de “I 7 Peccati Capitali” nasce dallo spostamento della mia attenzione verso lo studio dell’esperienza di ogni emozione. Le azioni sottese giocano un ruolo fondamentale nella caduta dentro “l’emozione”, e sono paragonabili a quello che rimane in noi in modo inconscio – ricordi emotivi in relazione al passato, l’ignoto che orienta i comportamenti, gli obiettivi, le passioni e gli interessi nel presente. Ho cercato di dare una fisionomia e una forma all’emozione, di strutturare la forma dell’ignoto, gettare corpi dei pensieri. I miei rapporti emozionali inconsci sono basati su me stesso nella mia totalità – modelli radicati in me, i quali possono servire a regolare la fisiologia e la salute emozionale. La risonanza caotica, aggressiva, informe ed emozionale sono al servizio di uno intento sociale. Comunque sia, queste hanno la tendenza a ripetersi durante l’arco della vita. I ricordi, i comportamenti e le azioni che definiscono il nostro soggetto possono dunque essere viste come il risultato di relazioni salutari e non. Le relazioni coinvolgono sempre almeno due soggetti, ognuno con ricordi e comportamenti diversi, che alterano l’aspetto e aggiungono un enorme grado di complessità rendendo tutto palese. Nelle mie opere nulla è mai assoluto. L’assoluta verità individuale è l’emozione è il sentimento.

Frammento

Edi Balla, Frammento

Francesca: Venendo alla pittura, la tua, che pure mi sembra influenzata dalla scuola realista, è caratterizzata in special modo da certi toni malinconici, una irrimediabile solitudine che traspare dagli oggetti abbandonati – mi riferisco in particolare al vecchio autobus dipinto nell’opera “L’errore di Mirella”. Puoi parlarmi del tuo approccio alla pittura?

Edi: La pittura è l’unica forma d’arte in cui il tempo non esercita la sua influenza. Al contrario, l’autobus parcheggiato in un cortile continua a marcire, continua ad essere colpito dalla pioggia, dal vento o dal sole estivo abbagliante. Nel quadro, il tempo ha smesso di esistere, non provoca cambiamenti ma continua ad essere lo stesso in modo costante. Questo nasce dalla mia necessità, dalla manifestazione di quell’espressione bidimensionale che era dormiente in me, e alla quale non voglio dare forma, voglio che sia impercettibile, voglio che sia solamente visibile.

L'errore di Mirela

Edi Balla, L'errore di Mirella

Francesca: Non posso non aver notato che ricorrono spesso le parole scritte nei tuoi progetti: in forma di appunti, didascalie o indicazioni. Che ruolo assegni alla scrittura nell’ambito della tua ricerca? E che significato ha la contaminazione di segno linguistico e segno visivo nella tua poetica?

Edi: Per rispondere a questa importante domanda, concedimi di andare indietro nel tempo… al tempo in cui imparai a scrivere, a formare delle frasi, dei numeri, a scrivere nomi. A quel tempo lo facevo spinto dal desiderio di un bambino che voleva dimostrare, che voleva imitare. Giocavo a fare il maestro nel cortile di casa, dove la maggior parte del tempo ero da solo e scrivevo il mio nome, 1+1, facevo dei segni e disegnavo. Immaginavo davanti a me una classe e, anche se mi trovavo da solo, facevo domande alle quali io stesso davo una risposta. Durante la mia formazione sono arrivato a comprendere il potere e l’importanza dell’immagine, ma allo stesso tempo l’immagine è sempre accompagnata dalle parole e le parole dalle immagini. Mi ricordo quando imparavamo le lettere dell’alfabeto, ogni lettera o parola veniva accompagnata da una figura, per rafforzarne il significato. La parola e l’immagine insieme sono uno strumento molto potente e vengono utilizzate in discipline diverse, dalla cinematografia al teatro. Il testo o la scrittura sono di per sé delle linee, alle quali viene data una forma, si piegano per raggiungere un senso, per comunicare… è un disegno. La scrittura nella pittura è un elemento del linguaggio, è identità.

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Edi Balla, Frammento 1

Francesca: In che modo l’Italia ha contribuito, se lo ha fatto, allo sviluppo del tuo percorso artistico?

Edi: Tutta questa necessità di dare una risposta a me stesso, di cercare e studiare l’identità, era ancora sopita quando mi trovavo nel mio Paese, ma si è destata durante la mia permanenza in Italia, dov’ero uno straniero, uno sconosciuto. Ho seguito la mia famiglia emigrata in Italia, nella città di Lodi, e dopo poco tempo mi sono imbattuto in una galleria speciale, diversa nelle idee, nella sua presentazione e nella sua concezione, la Galleria Platea Palazzo Galeano. Ho conosciuto persone meravigliose, che valorizzano l’arte e i giovani artisti, ho conosciuto la presidente della galleria Claudia Ferrari, il direttore artistico e architetto Carlo Orsini e Lorenzo Bucci, un artista emergente… persone che mi hanno fatto sentire valorizzato e apprezzato.

Strade

Edi Balla, Strade

Francesca: Progetti futuri?

Edi: Alcuni mesi fa ho iniziato a lavorare a una serie di quadri e installazioni. Tutta la serie si basa sulla ricerca dell’identità, e si presenta in tratti fisici, psicologici e di studio/di ricerca. Questa serie sarà composta da tre parti: l’infanzia (i ricordi, i traumi, l’educazione, il processo della crescita), il concetto di casa/famiglia e le cose che non possiamo scegliere come ad esempio la famiglia, la nazionalità, il nome etc. La vita stessa comincia in modo fortuito, comincia in un certo luogo, comincia con cose che non possiamo scegliere. Io non ho scelto di essere Edi, ma voglio capire perché io sono Edi. Il fondamento e la base di questa serie saranno 500 disegni della mia mappa mentale di tutti i posti in cui sono cresciuto, mi sono sviluppato e formato. Con il materiale ottenuto da tutti questi 500 disegni creerò un libro.

Cover story: Edi Balla, Osse

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