VIVIAN MAIER, LA TATA FOTOGRAFA

Di questa tata con la passione per la fotografia si è saputo poco o nulla fino al 2007 quando un tale, un certo John Maloof, volendo fare una ricerca sulla città di Chicago, inciampò per caso in un autentico tesoro. Comprando in blocco per 380 dollari in un’asta il contenuto di un box zeppo degli oggetti più disparati espropriati per legge ad una donna che aveva smesso di pagare i canoni di affitto, il ragazzo trovò, in mezzo a tutto il resto, una cassa contenente centinaia di negativi e rullini mai sviluppati. Erano quelli di Vivian Maier, scattati in maniera quasi compulsiva per tutta una vita con la sua Rolleiflex che non abbandonava mai.

Arrivata a Chicago all’età di 30 anni era stata assunta come bambinaia dai coniugi Gensburg per prendersi cura dei loro 3 figli. Fu quello fu il mestiere che esercitò sempre senza però mai smettere di fotografare, pur relegando quest’arte a una sfera privata, intima, come fosse qualcosa da custodire segretamente e gelosamente dentro sé stessa.

Frontale, proprio di faccia al mondo, Vivian Maier diventa fedele testimone della realtà e porta in scena una vera e propria estetica del reale. Vocata alla raccolta, alla ricognizione oggettiva, ci regala scatti che immortalano il vivere di tutti i giorni attraverso immagini prelevate dalla quotidianità e presentate in quanto tali: cariche di emotività e di presenza diretta. Sono le strade, la città e i suoi abitanti: donne, bambini, lavoratori, personaggi famosi al pari di mendicanti ed emarginati, in una ricognizione fenomenologica di cose ed eventi. Con uno sguardo curioso che indugia su dettagli piccoli, piccole imperfezioni della vita che le scorre davanti agli occhi in un momento di fervido cambiamento sociale e culturale. Antesignana di quel genere che poi verrà celebrato come street photography, scattò anche molti autoritratti evitando sempre di guardare direttamente dentro l’obiettivo della macchina. La sua immagine, filtrata da specchi o vetrine di negozi utilizzati con funzione di superfici riflettenti, rivela lo sguardo austero e il corpo allungato che si annida dentro le pozzanghere. E da lì si racconta.

La mostra presentata da Forma Meravigli raccoglie 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come Vivian Maier si avvicinasse ai suoi soggetti. Un’occasione unica per conoscere il lavoro di questa enigmatica artista di cui nulla è stato esposto o pubblicato mentre era in vita.

Fotografie che seppur scattate decenni or sono hanno ancora molto da dire sul nostro presente, come sottolinea bene Marvin Heifermann nell’introduzione al catalogo. “Proprio come Vivian Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi”.

“Vivian Maier, una fotografa ritrovata” a Milano presso Forma Meravigli  fino al 31 gennaio 2016.

La mostra, a cura di Anne Morin e Alessandra Mauro, è realizzata in collaborazione con diChroma Photography e promossa da Forma Meravigli, un’iniziativa di Fondazione Forma per la Fotografia in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano e Contrasto.

© Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy Howard Greenberg Gallery, New York.

In copertina: Autoritratto, giugno 1953

Sept. 29, 1959, New York, NY

New York, 1954

New York, senza data

April 7, 1960, Florida

Ragazzo con piccioni, senza data

 

 

 

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