«Dove lo spazio chiama il segno» è il titolo dell’antologica che la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino dedica ad Alice Cattaneo (Milano, 1976). La mostra, a cura di Giovanni Giacomo Paolin e realizzata nel contesto della nuova stagione espositiva Seconda Risonanza, dà conto di diversi momenti della ricerca dell’artista. Formatasi alla Glasgow School of Art, dove ha studiato Environmental Art, dopo aver conseguito un MFA in scultura al San Francisco Art Institute in California, Cattaneo ha iniziato ad esporre le sue opere nel 2005 facendo propria la lezione dell’anti-scultura. Rifiuto di una forma stabile e rigorosa, enfasi sull’uso di materiali differenti e spesso in contrasto tra loro (ferro, legno, vetro e carta), focus sulla relazione con lo spazio, coinvolgimento dello spettatore, sono i temi centrali intorno ai quali si sviluppa la sua indagine.

Vorrei iniziare questa nostra conversazione approfondendo il concetto di anti-scultura. Il tuo lavoro, infatti, pare teso a liberare la struttura dal dogma della forma. Le tue opere sembrano più l’espressione di un dubbio che l’affermazione di una verità assoluta e appaiono sin da subito nella loro dimensione aperta all’interpretazione. Forse una metafora della transitorietà della realtà?
«Nel mio modo di lavorare la struttura e la forma vivono in una sorta di dimensione simultanea – racconta l’artista – come se si trovassero su due binari paralleli e fossero sempre alla ricerca di un punto d’incontro, a volte molto transitorio, che è la scultura. Durante l’ideazione di questa mostra ho frequentato tanto i luoghi di trasformazione dei materiali, come la fornace nel caso del vetro e le officine degli artigiani nel caso dell’ottone e del piombo. Questi luoghi legati ad una dimensione del reale molto concreta mi hanno suggerito le prime tracce di segni su cui volevo orientarmi per la realizzazione dei nuovi lavori. Infatti nelle sculture ambientali prodotte per e in risposta alle stanze del contemporaneo del museo ho cercato di affinare il rapporto tra le suggestioni dei luoghi d’origine che i materiali portano con sé e l’idea dello spazio espositivo come macchina scenica. Volevo che la forma assunta dal materiale per lo spazio non sovrastasse il contesto, chiudendolo ad una sola “lettura” dell’ambiente, ma cercasse di rivelarlo ed aprirlo ad altre possibilità. Come a sottolineare che tutto si interseca nel luogo che accoglie le opere e che mondi lontani quasi inaspettatamente trovano un frangente comune. Il segno scultoreo é, per me, questo punto di unità».

«Dal mio punto di vista – aggiunge il curatore – vale la pena notare come la scultura di Alice sia in grado di assumere conformazioni diverse. Tanto nella lettura di chi osserva, quanto nella sua pratica stessa. L’abbiamo detto tante volte insieme, i diversi materiali diventano i singoli elementi di un dizionario che può essere utilizzato e applicato, trovando una mediazione con ciò che ha intorno. Il concetto di anti-scultura riesce ad assumere una componente performativa, che si lega al luogo e alle condizioni in cui viene espressa. Fantastico che Alice usi la parola contesto, che va oltre il concetto di sito (site-specific): context-specific è una definizione più accogliente, e se vogliamo fluida, che riesce ad amplificare la propria posizione».
Un’altra questione fondamentale è quella dello spazio. Per questa occasione espositiva, opere appartenenti a fasi precedenti della tua indagine sono state riallestite e ripensate. Come avete negoziato il rapporto dei lavori, compreso quello ideato appositamente per la mostra, con lo Spazio Contemporaneo della GAM? Secondo quali criteri?
Spiega Cattaneo: «La grande struttura di legno grezzo, “Verso l’intorno” (2025), realizzata per le stanze del contemporaneo della GAM di Torino, riprende il perimetro dello spazio stesso, orientandolo verso punti di fuga al di fuori del museo e oltre la griglia della città. Come se il contesto originario fosse concettualmente sospeso e ritorto su sé stesso orientando lo sguardo verso una dimensione altra. Questa architettura temporanea é diventata l’elemento di connessione tra le opere appartenenti a fasi precedenti, le sculture più recenti e le stanze del museo».

«Alice fin da subito mi ha parlato di come e quanto sentisse quello spazio “bloccato” – chiosa Paolin. Le caratteristiche in effetti sono chiare e con un po’ di ricerca abbiamo capito che arrivavano da una risposta precisa alle scelte architettoniche del progetto originale della GAM. L’orientamento della scultura ammorbidisce l’angolo retto dello spazio e riesce a far lavorare diversamente lo sguardo di chi si trova in mostra. Come spesso succede nella scultura di Alice, sono stati creati dei momenti che accompagnano e dei momenti che contrastano lo spazio. Io vorrei far riferimento ad un concetto di tensione, nel senso più positivo del termine. Dopo un paio di mesi che non la vedo, spero che questa tensione sia ancora lì. Non dobbiamo accontentarci di mostre scariche e stanche!».
Visibile sino al 7 settembre 2025, il progetto conduce il visitatore dentro un’atmosfera al contempo rarefatta e densa, fatta di leggerezza e pesantezza, pieni e vuoti, visibile e invisibile. «L’opposto concorde e dai discordi bellissima armonia» recitava un frammento di Eraclito, che forse potrebbe essere preso qui a prestito per sintetizzare il lavoro di un’autrice che sfidando la forza di gravità cerca il principio di esistenza della propria scultura.

Credits: Vedute della mostra di Alice Cattaneo «Dove lo spazio chiama il segno», GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, 16 Aprile – 7 Settembre 2025, Foto Studio Gonella