A partire dal 31 maggio, Plaza Project Art Room ospita la personale di Nicolas Floc’h (Rennes, 1970), artista concettuale e multidisciplinare che negli ultimi dieci anni ha messo al centro della sua ricerca la rappresentazione di habitat e ambienti sottomarini, creando una produzione fotografica documentaria e installazioni legate al tema del cambiamento climatico globale e alla definizione del concetto di paesaggio sottomarino.
Le opere in mostra sono state prodotte grazie alla quinta edizione di Plaza Art Residency, format di residenza d’artista ideato da Claudio Composti, curatore della collezione del Plaza e de Russie di Viareggio (LU), primo design hotel 5 stelle della catena Relais & Chateaux in Italia ad avere aperto una galleria permanente dedicata alla fotografia con una direzione artistica, grazie al proprietario e collezionista Salvatore Madonna. Ogni anno, in inverno, un artista viene invitato per un periodo di un mese a lavorare sul territorio toscano in piena libertà, purché si tocchino tematiche come le tradizioni locali, il cibo, il paesaggio o il mare. Alcuni dei lavori prodotti entrano poi a far parte della collezione, distribuiti tra parti comuni e suites del Plaza.
Il progetto espositivo, intitolato “Il colore dell’acqua” (visibile sino al 2 novembre 2025), dà conto dell’indagine inedita e suggestiva condotta dall’autore durante la sua residenza sul colore del mare ligure (benché ci si trovi già in Toscana e si pensi al Tirreno) e sull’anima nascosta del fondale marino della costa versiliese. Per questa occasione, Floc’h ha sviluppato un corpus di opere che catturano la mutevolezza cromatica del cosiddetto mare Tosco, antistante l’hotel, giocando con le tonalità dell’acqua, dalle più chiare alle più scure, per luce e profondità, fino alle texture inaspettate e alle forme misteriose che popolano i fondali. Attraverso la sua lente sensibile e il suo approccio rigoroso, l’artista, che è anche un diver professionista, offre una prospettiva inedita su un ambiente vitale spesso trascurato, invitandoci ad una riflessione sulla fragilità dei nostri ecosistemi.

L’allestimento, costruito in forma di griglie e colonne fotografiche ordinate secondo profondità e posizione geografica, trasforma il dato ottico in vere e proprie cartografie del vivente. Le immagini, apparentemente astratte e dal forte accento pittorico, sono superfici cromatiche che raccontano la materia dell’oceano: dal marrone dei sedimenti al verde del fitoplancton, fino al blu profondo delle acque oligotrofiche.
“L’artista costruisce affascinanti e sorprendenti mosaici di colore – scrive il curatore Composti nel testo critico che accompagna la mostra – rivelando una complessa interazione tra luce, acqua e vita sottomarina, invitandoci ad osservare con attenzione e a decifrare i codici cromatici che celano la vitalità – o la sofferenza – dei fondali marini. Un mondo sommerso tanto sconosciuto quanto affascinante, proprio come le intricate geometrie delle cave che si ergono, al contrario, verso il cielo. Nella sua ricerca, registra anche un elemento cruciale per la sopravvivenza del pianeta, spesso invisibile ai nostri occhi: le foreste di alghe. Straordinarie piante marine che sono i polmoni blu del nostro mondo, che producono una parte significativa dell’ossigeno che respiriamo, assorbendo enormi quantità di CO2 e contribuendo a mitigare la crisi climatica. Creano habitat vitali per una miriade di specie, oltre ad essere impiegate in cucina e ad avere proprietà nutrizionali e curative incredibili, il cui potenziale rivoluzionario in settori come l’alimentazione, la medicina e la produzione di materiali sostenibili è ancora sottovalutato”.
Le suggestive composizioni fotografiche di Floc’h invitano a una riflessione sulla necessità di rinegoziare i termini della nostra presenza con l’insieme del vivente, a pensarci fuori da una prospettiva antropocentrica rivalutando il modo in cui ci rapportiamo con la totalità delle forze con le quali coabitiamo. Ignorarne i segnali, a partire dal colore del mare, e sottovalutare il ruolo vitale delle alghe, significa compromettere la fragile bellezza e la resilienza del nostro stesso futuro, che si riflette, come in uno specchio, dalle cime delle Apuane ai segreti dei suoi fondali.
