Si intitola Rêver la prima personale che Glenda Cinquegrana Art Consulting dedica a Sara Rossi (Milano, 1970), artista che si esprime attraverso l’uso della fotografia e del video. Visibile sino al 31 maggio 2025, la mostra presenta un’installazione site-specific, che trasforma lo spazio della galleria in un grande panorama visivo, un progetto fotografico iniziato nel 2013 e ancora in corso e un’opera video realizzata in pellicola Super-8, come fosse un documentario amatoriale degli anni Settanta, e successivamente riversata in digitale.
“Il filo conduttore di questi lavori è la riflessione sull’orizzonte, sulla frammentarietà e continuità, sulla circolarità del tempo e dello sguardo, che sono sempre stati oggetto della mia ricerca” spiega l’autrice. Affascinata dall’origine della fotografia e dalle scoperte di Daguerre, interviene nell’ambiente espositivo “ricostruendo una sorta di landscape, non facilmente percorribile. La natura raffigurata è idilliaca e spigolosa al contempo, difficile da attraversare. Un lavoro costruito con immagini esistenti, che insiste sul tema del riuso fotografico, da me esplorato sin dai miei esordi nella metà degli anni Novanta, e che trovo abbia in qualche modo una sua inflessione pittorica”. In dialogo con l’opera principale, accolgono il visitatore all’ingresso della galleria frammenti e ritagli di libri sovrapposti tra loro, a creare profondità e stratificazioni di immagini e di significati, che restituiscono un mondo di collage fantasiosi, in accordo con il titolo del progetto (Rêver: dal francese: sognare, desiderare, immaginare, fantasticare, pensare, ma anche reverso, rovescio, risvolto, rivisitazione in altre lingue).

Il linguaggio è un altro dei punti cardine intorno ai quali si articola l’indagine di Rossi. Facendo tesoro dell’esperienza della fotografia italiana degli anni Cinquanta e Sessanta e del cinema sperimentale americano di Hollis Frampton, nel progetto Abc (2013 – 2025) mette insieme un vocabolario visivo fatto di testi e immagini, che esplorano il legame tra insegne pubblicitarie e contesto urbano Utilizzando la sua cifra ironica, l’artista isola gli elementi di testo e al tempo stesso li mette in dialogo tra di loro, dando vita a delle vere e proprie poesie visive. “Avevo la necessità di trovare delle lettere che si potessero collegare tra di loro, per creare frasi di senso che fossero il più possibile modulari e modellabili”. L’insegna sghemba degli anni Settanta di un hotel alla periferia di Milano, che allude allo stereotipo italiano del turismo ma che cristallizza al contempo il tipico cielo bianco-grigio del capoluogo lombardo, o la veduta di un cementificio o, ancora, la carrozzeria di un camion colto nel mercato di Lecce, mescolati con le parole generano indite interpretazioni sulla relazione tra verbo, immagine, paesaggio urbano e gli elementi che compongono la nostra memoria collettiva.
Chiude l’esposizione il video Era (2002), il cui titolo, in accordo con la pratica dell’artista, gioca con i molteplici significati della parola: dea, ma anche il passato del verbo “essere”, oltre che un’era geologica. Una riflessione che attraverso le immagini in movimento vuole scandagliare i concetti di tempo e memoria. La narrazione, più immaginaria che reale, essendo una personale interpretazione allegorica della figura dell’artista che superando il suo io Narciso si fa paesaggio, comincia con alcuni frammenti di filmini amatoriali girati cinquant’anni fa in Centro America o nell’isola di Ceylon dal nonno, cui seguono le riprese realizzate sul fiume Ciane, nei dintorni di Siracusa.
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Cover story: Veduta dell’installazione della mostra Sara Rossi. Rêver a cura di Glenda Cinquegrana, dal 5 aprile al 31 maggio, 2025, ©Valentina Schito, Courtesy Glenda Cinquegrana Art Consulting.