DARIO NEIRA, PAROLE NUDE

Dario Neira (Torino, 1963) è un artista multimediale che si esprime attraverso la fotografia, il video e l’installazione. Attingendo dalla sua formazione trasversale biomedica e psicanalitica, e insistendo sull’uso del linguaggio per recuperare il sentimento spesso nascosto e non svelato nella natura umana, Neira ricrea suggestioni, narrazioni e situazioni di un vissuto quotidiano al tempo stesso straordinario. La mostra PAROLE NUDE, a cura di Olga Gambari, allestita alla galleria torinese metroquadro fino al prossimo 13 marzo 2023, è stata l’occasione per una conversazione intorno ai temi portanti della sua ricerca.

Francesca Interlenghi: Vorrei cominciare dal titolo della mostra, PAROLE NUDE, per esplorare il tema del linguaggio che è centrale nella sua poetica. Parole e frasi che indagano l’essere umano e che anche in questa occasione suonano come statements. Penso ai lavori che fanno parte di questo progetto espositivo e che recano la scritta Courage o Fragile o la breve frase Tutte le mie mancate vite. Me ne può parlare? 

Dario Neira: Elaboriamo le nostre percezioni corporee grazie al linguaggio, alle parole, che ci consentono di accedere alla dimensione relazionale, condizione peculiare di quell’animale sociale che è l’uomo. Ma è proprio grazie al linguaggio che l’uomo viene trasformato in un animale politico. Gli enunciati dei lavori tentano di rispondere all’urgenza di comunicare ciò che soffoca l’inespresso dentro di noi, creando suggestioni, narrazioni, interrogativi rispetto a un vissuto abituale e al tempo stesso straordinario. È qui che la parola ci viene in soccorso, diventa luce per potenziare la nostra capacità di cogliere il mondo: “Parla, affinché io possa vederti” profetizzava nel suo aforisma, un secolo in anticipo rispetto alle intuizioni che hanno dato origine alla psicologia del profondo, il fisionomista Georg C. Lichtenberg.

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© Dario Neira, FRAGILE (skinscape), 2023, mixed media, collage on cardboard, 46 x 35 cm

Francesca: Altro nodo centrale della sua ricerca: la pelle. Non luogo convenzionale, levigato e ovvio di ciascuno di noi, ma piuttosto luogo metamorfico e di continua negoziazione. A tal proposito lei usa la definizione skinscape. Potrebbe approfondire questo concetto? 

Dario: Gli skinscapes sono fotografie della pelle di individui diversi, effettuate con la tecnica dell’insert, inquadratura in dettaglio di una parte del corpo catturata in un eccesso di prossimità, poi accostate, avvicinate l’una all’altra a formare delle superfici accidentate e disomogenee. Sono paesaggi visti dagli oblò durante un sorvolo aereo, allontanamenti altimetrici dall’uomo, per vedere non da lontano ma da più in alto, per cogliere una valenza unificante, una radice comune. La pelle ha un “effetto semplificante”, ci parla inequivocabilmente dell’uomo e sa farlo scansando quella precipua inclinazione che abbiamo a classificare i corpi con attenzione tassonomica, decrittandovi segni e simboli, espliciti o occulti, al fine di ricavarne un gradimento estetico e collocarlo nella rete degli interessi o per confinarlo per sempre nell’oblio. Da più di 20 anni i miei skinscapestableau-vivant di corpi smembrati dai saperi e dai costumi, rivendicano l’identità biologica di ogni singolo individuo, requisito essenziale per approdare a una dimensione di appartenenza, premessa necessaria al divenire moltitudine e massa.

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© Dario Neira, ANYHOW, ANYWHERE (skinscape), 2023, collage on billboard, diptic 61 x 44 cm

Francesca: La sua formazione, biomedica e psicanalitica, esige in qualche modo di fare i conti con il corpo. Riprendo qui un passaggio significativo del testo del Prof. Enrico Pozzi “Per una sociologia del corpo” in cui leggo: «Si è il proprio corpo, e si è continuamente costretti a scoprire che si ha un corpo, proprio eppure altro da sé, mio e non mio. Ovvero, si è il proprio corpo nella forma di un corpo che si ha. Questo corpo che io sono interamente è anche il corpo contingente, etero-nomo ed eterogeneo che mi porto dietro, con la cui necessità interna devo negoziare e scendere a compromessi. Sono il mio corpo e sono del mio corpo, contro il mio corpo, insieme al mio corpo. Io/corpo non conosco gli o…o della logica aristotelica, ma gli e…e dell’ambivalenza e il tertium datur del pensiero dialettico.» Posso chiederle una riflessione in merito?  

Dario: Il corpo, vulnerabile, precario e imperfetto, è da sempre il luogo centrale della storia dell’uomo. Ci hanno abituati a pensare al corpo prevalentemente in termini filosofici, psicologici, antropologici o sociologici, mentre facciamo più difficoltà a leggerne le forti implicazioni biologiche, la responsabilità di quella dimensione infinitesimamente piccola, microscopica, prodotta all’interno del nostro organismo e composta da endorfine, neurotrasmettitori, catecolamine, ormoni, elementi che influenzano gli stati mentali dell’uomo, la sua capacità socio-cognitiva di lettura e rappresentazione mentale delle proprie e delle altrui credenze, desideri, fantasie e sentimenti. Il corpo e i corpi producono senso e ciascuno di noi mette in atto un continuo tentativo di comprensione dei propri vissuti attraverso l’impiego del proprio corredo biochimico e neurotrasmettitoriale, perché a volte le difficoltà legate alla visione simbolica del corpo dipendono unicamente da un difetto di serotonina e la compensazione farmacologica del neurotrasmettitore, risolve la questione.

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© Dario Neira, TUTTE LE MIE MANCATE VITE, 2022, Lambdaprint, 150 x 150 cm

Francesca: Questo mi porta dritta all’ultima questione che vorrei trattare, quella dell’iconografica mass mediatica, dalla quale lei trae i corpi del suo lavoro. Oggi viviamo sotto una pioggia ininterrotta di immagini e i media non fanno che trasformare il mondo in immagini e moltiplicarlo attraverso un gioco di specchi. Quale il ruolo dell’immagine nella società dell’immagine? 

Dario: Platone era in contrasto con la produzione di immagini degli artisti, ai quali non riconosceva cittadinanza nello Stato ideale, in quanto operatori di illusioni e nemici della verità. Se facciamo riferimento ai produttori o ai fruitori delle immagini, non possiamo esimerci dal considerare la questione del desiderio, che sta dietro il loro potere. Così come non possiamo trascurare gli aspetti più regressivi della cultura visuale, gli aspetti legati al feticismo, al totemismo, all’idolatria o all’animismo. A volte ho l’impressione che aldilà delle interpretazioni e della retorica, le immagini ci chiedano cosa vogliamo da loro, domanda a cui andrebbe contrapposta la consapevolezza che la vera loro richiesta, sia unicamente quella di essere prese in considerazione.

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© Dario Neira,  Untitled (IO-ES), 2022, collage on notebook paper, 29,7 x 21 cm
Cover story: © Dario Neira, EDUCES ME, 2022, collage on paper, 70 x 120 cm

Dario Neira, PAROLE NUDE 

a cura di Olga Gambari 

27 gennaio – 13 marzo 2023

galleria metroquadro, Torino – Corso San Maurizio 73/F

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