ELISABETTA CAROZZI, GIOIE MILANESI

Trasparenza e leggerezza. E luce che si imprime sulla superficie del vetro. Negli elementi semplici e quasi impercettibili, nelle sfere dalle sembianze di cialda, nei lievi elementi cilindrici, nei piccoli campanelli che tintinnano e rivelano libertà di movimento e suggestione del suono. Un esprimersi attraverso la forma che la forma non impone, tutt’altro, che la forma svela con pudore intenzionale attraverso il rincorrersi dei riflessi.

“Ho sempre nutrito la voglia di fare qualcosa di mio. Forse perché sono figlia di un pittore, un uomo dalla personalità molto forte che amavo profondamente e che mi ha molto stimolata ma anche frenata in un certo senso per la potenza e la naturalezza che aveva nell’esprimersi utilizzando il segno e il colore. E per me era una sorta di magia vederlo lavorare con i colori.”

Il Liceo artistico, una propensione naturale al dipingere e al modellare, l’esperienza con la ceramica e l’accostarsi alla fotografia, sebbene in modo amatoriale, sono tutti frammenti di una personalità che ricerca il bello come antidoto alla fatica del quotidiano, tutti indizi concatenati di un percorso che non si accontenta di guardare l’orlo delle cose.

“Dopo una resistenza anche piuttosto forte rispetto al digitale, la macchina fotografica è diventata una parte di me perché per anni con questa macchina in tasca ho scattato tutto quello che mi attirava: il cielo, specie quello nuvoloso e i visi, in particolare quelli degli anziani perché raccontano una storia che nei segni si rende manifesta. Direi che la cosa più bella, tra le tante, che mi ha lasciato mio padre è proprio la voglia di contemplare e il modo di osservare le cose. E’ così che ho capito che non esiste la dimensione della noia, perché è sufficiente guardarsi intorno per fare mille viaggi pur rimanendo fermi.”

Gioie milanesi è il progetto con il quale Elisabetta Carozzi dà forma alla sua poliedrica creatività addentrandosi nel campo della gioielleria contemporanea. Nel nome un tributo a Milano, città nella quale è nata e cresciuta, e il doppio senso della parola gioie che in milanese è sinonimo di gioiello ma che, più in generale, dà il senso del benessere e della felicità provati nel realizzare questi accessori. La collezione, che prende il nome di Icònica, consta di collane realizzate in vetro borosilicato che è un materiale robusto, lievi indosso, facilmente portabili, contenute nelle dimensioni e resistenti grazie a uno studio approfondito degli spessori degli elementi che le compongono. Una sfida certo, ma piena del fascino del vetro e del fuoco, di un soffio vitale che modella l’oggetto.

“Collane leggere, che non pesano sul collo e che non danno particolarmente nell’occhio proprio perché sono misurate. In questa prima fase del progetto ho scelto la misura, e con essa la discrezione, l’eleganza, la pulizia, la leggerezza, il suono, la trasparenza, il neutro come punto di forza. Vorrei che le mie collane fossero per tutte le donne, non ho un immaginario di riferimento preciso. Ci vuole più una bella testa che un bel collo per indossarle io credo. Nel senso di una bella persona, sensibile, una donna viva dentro, curiosa, libera, di tutte le età e fisionomie.”

La sperimentazione come tratto indiscusso di una mente sempre in fermento – imminente è infatti la sua partecipazione alla mostra di gioielli che avrà luogo in occasione della Venice Design Week selezione 2017 – che non disdegna di manifestarsi, in particolari occasioni, anche in altri toni, quelli esagerati e altisonanti di Megála (Μεγάλα) per esempio, in esposizione a Milano presso lo Spazio Kryptos durante i giorni della imminente settimana della moda. Dedicata a Iris Barrel Apfel, imprenditrice e interior designer nata a New York nel 1921: donna vitale, ironica, glamour a dispetto dei suoi 96 anni, che ha sempre concesso a sé stessa di essere libera da schemi e stereotipi. Una star geriatrica come ama definirsi lei stessa che ha fatto dell’accessorio la propria cifra stilistica.

ICONICA dedicata a Iris Apfel - Foto di Elisabetta Carozzi

“Le collane in fondo sono un po’ un pretesto per parlare di me, seppur in un modo velato. Dentro ci trovo le mie abilità, la cura per ogni minimo dettaglio, ma anche i miei desideri e i miei stimoli, quindi direi che si prestano a diversi piani di lettura. Un progetto in divenire, come fosse l’episodio di un racconto. Penso sempre al mio lavoro come a una sorta di coltivazione, a un raccolto. E a me come a un terreno, un campo. La qualità della terra è data dalle mie origini, i miei genitori, la famiglia, le persone. Tutte le esperienze si sono sedimentate e hanno dato nutrimento a questo terreno che è mio ma che si alimenta degli incontri fatti lungo il cammino.”

Dentro il vetro racchiusi il pallore del sole e il volo delle nuvole lente e l’albore dei mattini che tardano ad arrivare. E una luminescenza, uguale a quella dell’onda che si rompe, che lascia le ombre stese a lato.

Desidero ringraziare per la cortese intervista Elisabetta Carozzi – web site –  FacebookInstagram

I suoi gioielli saranno in mostra a Milano presso lo Spazio Kryptos dal 22 al 25 settembre 2017 

Foto di Nils Rossi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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