PAOLO LIACI. UN MIO PUNTO DI VISTA

Spazio Kryptos presenta, dal 1 al 20 dicembre 2022, la personale di Paolo Liaci “Un mio punto di vista”, a mia cura e con il sostegno di Rotary Club Milano. Il progetto espositivo nasce dalla volontà di supportare l’Associazione di Volontariato City Angels, alla quale verrà devoluto in beneficenza parte del ricavato della vendita delle foto.

Paolo Liaci (Milano, 1952) è un fotografo attivo in ambito internazionale, autore di importanti mostre fotografiche multimediali e interdisciplinari, che hanno trovato ampio riscontro di critica e pubblico. Nel 2019 è stato insignito dell’Ambrogino d’Oro, non soltanto per aver dedicato a Milano numerose mostre e volumi ma anche perché, affascinato dalla medicina, ha realizzato reportage fotografici e documentari all’interno dei reparti ospedalieri e nelle sale operatorie degli ospedali milanesi e per il suo grande interesse per il sociale, che lo ha portato a compiere viaggi fotografici nel mondo della disabilità e tra le persone senza fissa dimora, con immagini di grande impatto emotivo.

Sebbene abbia realizzato molti servizi all’estero come fotoreporter, lavorando in Russia, Indonesia, Sud America ed Egitto, la sua città natale rimane uno dei soggetti d’elezione dei suoi scatti, oggetto di un’indagine capace di restituirla sempre diversa, avvolta dalle nuvole o dall’acqua, sorpresa nella luce viola del tramonto o quando fa capolino dalle intricate griglie prospettiche del Museo del ‘900.

2. © Paolo Liaci, Duomo di Milano, La grande nevicata del 1985

PAOLO LIACI. LA CITTA’ E GLI OCCHI 

D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. (Italo Calvino, Le città invisibili) 

A un imperatore melanconico, Kublai Kan, che aveva capito che il suo sterminato potere contava ben poco perché tanto ormai il mondo stava andando in rovina, un viaggiatore visionario, Marco Polo, raccontava attraverso le parole di Calvino di città impossibili, città-ragantela sospese su un abisso o città microscopiche che si allargavano all’infinito o ancora, città bidimensionali come Moriana. Una discussione sulla città moderna, quella che il libro anche evoca, che ci impone di interrogarci sul suo senso e ruolo, a ragionare sul momento di crisi della vita urbana e sulla megalopoli come «città continua, uniforme, che va coprendo il mondo». 

Che cos’è la città per noi, oggi? Credo sia questa la domanda alla quale Paolo Liaci ha sempre cercato risposta negli anni lunghi della sua carriera che, a partire dagli inizi degli Ottanta, ha consacrato Milano a soggetto d’elezione dei suoi scatti. Il carattere reportagistico della sua fotografia, che la rende uno strumento di fissaggio per le immagini, ha inizio proprio dallo spaesamento e dallo stupore dinnanzi all’esistente: la città e i suoi elementi iconici, il Duomo tra tutti, ma anche lo stadio di San Siro o i Navigli. Una geografia del reale filtrata da uno sguardo che favorisce il naturale entusiasmo verso la bellezza, quella che si innerva tra le pieghe dell’architettura urbana e che il fotografo traduce in un campo metamorfico accessibile al pubblico.

2. © Paolo Liaci, Duomo di Milano, primo lockdown

Le immagini esposte in questa mostra evidenziano, nelle parole di Liaci, «un punto di vista diverso sulla città meneghina.» Un atto critico, si potrebbe aggiungere, perché puntare l’obiettivo della macchina decidendo cosa includere e cosa escludere dal campo visuale, e come farlo, prendere insomma posizione rispetto al reale, è già e sostanzialmente un modo per riformularlo. Significa riconoscere l’esistente, appropriarsene grazie al medium fotografico e, infine, conferirgli nuova identità.

Ecco allora il monumento simbolo della città di Milano trasformarsi in Bauci, la città invisibile che si erge su sottili trampoli che si alzano dal suolo a gran distanza l’uno dall’altro e si perdono sopra le nubi. La sua piazza deserta, cristallizzata durante il primo lockdown, sospesa in un immedicabile silenzio, trasformarsi in Maurilia e noi viaggiatori a osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com’era prima, prima che il mondo si fermasse a causa della pandemia. E poi miniature che trasformano, attraverso la lente di un bicchiere, un uomo e la sua piccola barca in Eufemia, la città dove i mercanti di sette nazioni convengono a ogni solstizio ed equinozio e in cui la notte ognuno racconta la sua storia di lupi, di sorelle, di tesori, di scabbia, di amanti, di battaglie.

1. © Paolo Liaci, Navigli, Milano, primo lockdown

Guardare in modo differente a quel che si sa già, o si crede di sapere: questo l’invito di Liaci che esclude tutti i punti di vista pre-definiti, suggerendo una molteplicità di percorsi possibili, perché non è mai vero che non c’è altro da vedere. Lo scriveva José Samarago, nel suo libro Viaggio in Portogallo: «Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto d’estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva,vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era.»

Nel tentativo di rendere visibile l’invisibile, Liaci non trascura la questione della vulnerabilità sociale che intacca sempre più il tessuto cittadino. Questo rendersi invisibile della vulnerabilità, questo suo mimetizzarsi nel paesaggio urbano, è il prodotto di una volontà di rimuovere che il fotografo contrasta con le immagini che documentano il lavoro dei City Angels, l’associazione di volontariato nata nel 1994 a Milano per iniziativa di Mario Furlan, a cui verrà devoluto parte del ricavato della vendita delle foto di questo progetto espositivo. Documentando al contempo quello slancio comunitario rigeneratore che solo ci mette in contatto con noi stessi e con il mondo aperto degli altri.

6. © Paolo Liaci, City Angels

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Paolo Liaci. Un mio punto di vista

a cura di Francesca Interlenghi 

Spazio Kryptos, Milano Via Panfilo Castaldi 26 

1.12.2022 – 20.12.2022

inaugurazione 1 dicembre h 18.30

lunedì-venerdì 15.30-19

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