STUDIO MENGUANTE

Benché il suo lavoro sia situato in un campo che si potrebbe considerare l’erede della pittura, per l’attribuzione di certe qualità particolari ai materiali utilizzati, in realtà mi piacerebbe definirlo come una investigazione più ampia che riguarda certamente la pittura e il colore, ma in senso più lato la materia e la forma e l’esplorazione del loro carattere di indeterminatezza.

A Treviso, immerso nel contesto di un luogo suggestivo che si chiama Filanda Motta, Elisa Nogarin conduce da più di vent’anni lo Studio Menguante, un progetto votato in origine alla decorazioni di interni e approdato poi nel tempo ai complementi d’arredo grazie all’impiego di una particolare tecnica di restauro.

“Ho iniziato quasi per gioco perché la mia vita mi aveva portato a fare altre cose prima. Formazione artistica, l’Accademia delle Belle Arti di Venezia, qualche anno a lavorare come costumista in teatro e poi, dovendo abbandonare per una serie di vicissitudini quel percorso, ho sviluppato un forte interesse per gli interni. Parallelamente a tutto questo ho sempre portato avanti anche il mio amore per la pittura. Il primo studio l’ho aperto in Umbria, con un’amica, ma facevamo cose completamente diverse: una decorazione molto classica, copie di affreschi. Sentivo che non era quella la mia strada e una volta tornata in Veneto ho inaugurato lo Studio Menguante con un’altra amica. Quando anche questa non poteva più impegnarsi nell’attività lavorativa sono andata avanti da sola.”

Il nome Menguante, mutuato dal titolo di una poesia cilena degli anni Trenta, indica anche la fase calante della Luna, quella che precede la Luna Nuova. Una fase di passaggio, eppure molto creativa, piena dell’energia inventiva che serve per interpretare in chiave moderna tecniche antiche di decorazione e di pittura che trovano declinazione nell’arredamento secondo molteplici varianti.

“Questa tecnica mi permette di sviluppare delle texture, tutte realizzate con materiali naturali, che poi applico a diverse superfici: porte, boiseries, tavoli, fino alle composizioni più artistiche. Un sapere trasferitomi dal mio maestro veneziano di scenografia, Giovanni Soccol, architetto e pittore, e profondo conoscitore di questi materiali. Rivesto quindi le superfici con uno stucco, poi lo tratto con dei pigmenti naturali, lego i colori con la cera e infine sottopongo la superficie a brunitura utilizzando la punta d’agata. E’ questa la fase finale della doratura, quella che rende la superficie lucida e impermeabile. Il procedimento permette di creare un abito su misura per il cliente, sia esso un privato o uno degli studi di architettura con cui collaboro o ancora un negozio che magari è interessato ad acquistare il prodotto finale.”

Texture materiche che traggono forza dalla natura, dalle increspature delle superficie vulcaniche, dall’aspetto frastagliato delle rocce, dai colori della terra e del cielo: pigmenti usati fin dall’antichità che qui legati con la cera esplodono in pluralità cromatiche sorprendenti.

“Non essendo una tecnica consolidata, ma avendola fatta mia nel tempo, è stato tutto un progredire per errori e correzioni. Si tratta di un encausto a freddo, potrebbe ricordare un po’ lo stile degli affreschi di Pompei, ma se ne distacca perché non adopero l’intonaco. Prediligo le basi lignee ma certe sperimentazioni le faccio anche su tela, cercando vie sempre nuove e riuscendo così a rivestire tutte le superfici, da quelle piccolissime a quelle grandissime.”

Se la natura è grande fonte di ispirazione, anche il teatro rimane un imprescindibile punto di riferimento e poi la letteratura e la moda anch’essa.

“Un settore che mi piace certo, ma che ho sempre guardato da relativa distanza. Volevo fare la costumista teatrale io! La stagionalità, la velocità della moda sono cose che non mi interessano. Sono più attratta dalla ricerca, quella di certi stilisti giapponesi per esempio, le cui creazioni sono a-temporali.” 

Lì dove tutto parla il linguaggio della contaminazione e del mescolamento, succede all’indefinito di scivolare anche tra le pieghe delle garze sfilacciate. E scoprirsi definito, forma, sostanza corporea.

“Se questa sono io? Si certo. Sono io, io in evoluzione, io che cerco sempre strade nuove perché l’essere ripetitiva proprio non mi si addice. Io che continuo a sperimentare, anche grazie alla pittura che mi dà la possibilità di esprimere me stessa e di portare ogni giorno nuova linfa ai miei lavori.”

Desidero ringraziare per la cortese intervista Elisa Nogarin, titolare di Studio Menguante – web siteFacebookInstagram

Crediti:

Foto di Giorgio Ricci, Max Frasca, Cecilia Stoppoloni

Io indosso un abito di Rita Capuni, collezione SS/19 “Aria”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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