NATALYA, LA DIVA DEL WRESTLING

Sul ring. Performance atletica e intrattenimento. Tecnica sportiva e stile narrativo. Match e spettacolo si mischiano senza soluzione di continuità. Sul ring, ancora. Una donna. E la sua forza, la sua bellezza, un talento che traspare perfino dallo sguardo quando con candore tutto femminile ti dice

Io non saprei fare niente altro, niente altro che il wrestling

Lei è Natalie Neidheart, ring name Natalya, una delle Divas della WWE (Word Wrestling Entertainment), membro della dinastia degli Hart e figlia del celeberrimo Jim “The Anvil” Neidhart. Una che inizia presto, sotto la guida degli zii Ross e Bruce Hart, ad allenarsi nel famoso Dungeon di famiglia e diventa la prima wrestler donna di terza generazione al mondo. In un universo a netta dominanza maschile una donna capace di dare dimostrazione di straordinaria forza fisica e psicologica insieme perché stare lì, su quel ring, significa credere nelle proprie possibilità, avere la convinzione di poter fare qualunque cosa. E non è solo una questione di prestazioni sportive. Essere una Diva del wrestling significa essere a tutti gli effetti un modello, essere impegnati in campagne a valenza sociale e attività benefiche.

“E’ molto più che solo wrestling. Il wrestling è una parte divertente del nostro lavoro, ma non è l’unica cosa. Credo che essere una Diva sia una responsabilità enorme. Significa essere un modello e un esempio. Lavori duro per dimostrare alle persone che se sei forte puoi tutto.”

Da sempre sensibile al tema della filantropia la WWE ha iniziato già da anni un programma per lo sviluppo della lettura nei quartieri poveri delle grandi città americane, ha avviato il programma Be A Star contro il bullismo nelle scuole, fa parte della Susan G.Komen Foundation, è uno degli enti patrocinatori delle Special Olympics (le Olimpiadi per i disabili psichici), oltre a aver donato due milioni di dollari al Policlinico Gemelli per la realizzazione di una sala operatoria in una campagna infinita di raccolta fondi di decine e decine di milioni ogni anno.

“E’ una vita molto difficile questa, devi viaggiare e sei sulla strada quasi 300 giorni all’anno spostandoti in diverse città, Paesi e continenti. Hai una tabella di marcia serratissima, che non finisce mai. Significa stare lontano dalla tua famiglia, da tuo padre. Prendi botte e ti ritrovi piena di lividi e di abrasioni ma il giorno dopo ricominci da capo. Vieni buttata a terra e ti devi rialzare. Allo stesso tempo è estremamente gratificante: incontri persone di tutti i tipi, ragazzi che hanno bisogno del tuo aiuto in ospedale, conosci e giri spot promozionali con i ragazzi prendono parte ai giochi delle Special Olympics, collabori con donne che hanno sconfitto il cancro al seno e che continuano a finanziare la ricerca o con i rifugiati del Rwanda. Incontriamo persone in tutto il mondo, star del cinema, rock-star, fino a politici influenti. Per questo è veramente un bel lavoro, ma senza dubbio impegnativo e devi viverlo alla giornata per renderti conto che non tutti possono farlo e quelli che hanno la fortuna di farlo stanno cogliendo l’opportunità della vita.”

Storie di sport si intrecciano con storie di vita, competizione e amicizia convivono, legami quasi indissolubili maturano on the road e sul ring si trasformano in storie di rivalità, i famosi feud.

Perché alla fine quello che facciamo è raccontare una storia e occorre una enorme fiducia e sintonia tra di noi: la storia deve essere appassionante e piacevole e dipende non solo da te ma anche dalla tua avversaria. Trascorriamo così tanto tempo insieme sulla strada, viaggiando, molto di più di quanto ne trascorriamo con le nostre famiglie, e finisce che ci aiutiamo a vicenda. La bellezza di essere una Diva sta proprio nel fatto che anche se non sempre siamo d’accordo in fin dei conti è come se fossimo sorelle o qualcosa del genere. Abbiamo i nostri alti e bassi ma alla fine ognuna di noi ha bisogno dell’altra sia sul ring che fuori dal ring. Non possiamo fare un match da soli…  senza avversario non c’è match, è questa la verità. E se non conosci il tuo avversario, o non c’è chimica, il match non risulterà bello. Per questo ci viene chiesto di lavorare insieme sul ring: mettiamo letteralmente la nostra incolumità nelle mani della nostra avversaria.”

Un mondo che richiede doti fisiche, di resistenza e determinazione, apparentemente così distanti dalle caratteristiche femminili. Eppure un mondo che registra fermento nelle nuove generazioni che non si sottraggono alla vita dura della gavetta nelle federazioni di sviluppo, ai ritmi estenuanti, a calendari che possono prevedere 7 giorni su 7 di combattimenti, ad anni di sacrifici nella NXT (uno spettacolo realizzato con le nuove leve, al loro esordio nello show e che con il tempo esordiranno in WWE).

Più Divas ci saranno in futuro e più bello sarà il wrestling. Molte di queste ragazze si stanno spianando la strada e si stanno facendo un nome ancora prima di entrare a far parte del cosiddetto main roster, e dunque degli spettacoli di punta, Raw e Smackdown. Non vedo l’ora di fare un incontro con alcune di loro, e spero che avvenga il prima possibile! Con Sasha Banks, Bechy Lynch, Dana Brooke, mi piacerebbe lottare con Bayley ma anche con Charlotte (la figlia del leggendario Ric Flair ndr).”

Donna, wrestler, figlia d’arte che porta sulle spalle tutti gli oneri e onori dell’esserlo, moglie di Theodore James Wilson, in arte Tyson Kidd, impegnata insieme alle altre ragazze del roster nel reality show Divas  in onda sul colosso E!, una relazione passata ai raggi X dalle impietose dinamiche televisive. Eppure quando le chiedi come riesca a tenere insieme tutto la fa semplice e ti dice che in fondo, alla fine, è solo questione di equilibrio.

“Si tratta solo di trovare l’equilibrio capendo che il wrestling, l’essere sulla strada ed essere una Diva è un privilegio, e non è qualcosa che tutti possono fare. Solo una manciata di donne riesce a svolgere questa professione. Quindi cerco di essere grata al lavoro che ho, consapevole che non tutti possono farlo. Ma allo stesso tempo capisco che c’è di più nella vita che saper fare una headlock perfetta. Devi mantenere l’equilibrio anche con la famiglia e capire che… che ci sono cose più importanti nella vita dell’essere campionessa: come influenzi le persone, come le tratti, come sei disposta ad andare incontro alla gente e alle cose.”

Si dice entusiasta di tornare a Novembre in Italia per riabbracciare l’universo italiano della WWE e per accontentare tutti i suoi fans che si aspettano da lei, l’unica donna al mondo in grado di eseguirla, la celebre Sharpshooter (una mossa difficilissima che riesce solo agli uomini; una sottomissione rovesciata, complicatissima, che faceva suo zio Bret Hart e che è un classico della scuola di wrestling canadese).

Resta impresso un grande insegnamento, di vita oltre che di sport, mentre l’ascolto raccontare dei funerali di Dusty Rhodes, un esempio, una icona, l’uomo passato alla storia con il soprannome di The American Dream perché arrivato al wrestling professionistico nonostante una vita poverissima, da homeless, e un pessimo fisico. Lui era solito dire: “io sono lontano dalla perfezione, ma sono in grado di poter fare qualsiasi cosa che sembri perfetta”.

“Credo che la vita sia proprio questo. L’essere grandi consiste soprattutto nel voler far sentire grandi le persone, essere motivo d’ispirazione per gli altri, far sì che le persone vogliano migliorarsi. Essere Diva mi permette di stare sul ring, di raggiungere le persone in tutto il mondo e di stimolarle affinché vogliano essere lì con me, affinché pretendano di più da stesse e non abbiano paura di limiti o imperfezioni. Perché sai… è giusto non essere perfetti.”

Desidero ringraziare per l’opportunità concessami di intervistare Natalya e la gentile collaborazione nella stesura di questo articolo Stefano Benzi, direttore responsabile di Eurosport Italia www.stefanobenzi.it

Foto gentilmente concesse dall’archivio WWE

 

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