THE DUMMY MEETS FERNANDA VERON

#TRA CIELO E TERRA

Un mondo immaginifico dai contorni di suadente apparizione. Tra cielo e Terra. Un onirico, meraviglioso, punto di infinito quello in cui si svela l’arte di Fernanda Veron. Ritratto di una Musa che quasi incarna il potere degli sciamani, il potere di chi sa mediare tra esseri umani, spiriti e divinità. Ha la forza degli indigeni dentro, degli aborigeni che con il loro linguaggio non verbale sapevano esprimere un mondo artistico fatto di connessioni tra l’astrale e il terrestre. L’ascolto proprio come in un’altra vita ho ascoltato la Musa, elemento femminile di raccordo tra due universi. Nel cielo abita la sua percezione. Nella Terra si palesa la sua comunicazione. Pittrice, fotografa, illustratrice, designer scenica e graphic designer Fernanda arriva in Italia dalla lontana Argentina all’età di sette anni. “Mi sono ritrovata a vivere una condizione di estrema malinconia perché qui ho trovato una dimensione molto più piccola, dal punto di vista spaziale, rispetto a quella che abitavo. Un senso di solitudine dettato dalla mancanza di spazio, dalla privazione del contatto con la natura, che però ha poi generato tutto un processo creativo nella mia vita.” Bimba schiva e taciturna, chiusa in un ermetico silenzio che nel tempo assumeva forma di cortina di ferro invisibile ai più per difenderla da quello che sentiva e non riusciva a comunicare. “Perché sai…era così forte e grande” dice con un filo di voce, lo sguardo volge in un abisso di mistero. Abile a viaggiare con la fantasia, incline a rapportarsi con il mondo semplicemente osservandolo, “con stupore mi chiedevo perché la gente parlasse così tanto”, non estranea all’esperienza di altre dimensioni, Fernanda fa di questa sua forma di distacco dal reale la propria ricchezza, e la custodisce e la fa crescere dentro di sé. Tramutandola in Arte. Arte come spiegazione. Arte come espressione.  “Tutto il mio lavoro ruota intorno al tema dell’inconscio e alla capacità di farlo riemergere. Aspiro a rendere evidente quello che gli altri non vedono. Quando creo vivo una sorta di freddezza analitica dei sentimenti e allo stesso tempo una comprensione profonda degli stessi. Come se creando potessi vedere il me da fuori e il me da dentro, come se vivessi simultaneamente l’esserci e il non esserci. I sentimenti smettono così di essere miei, di Fernanda, ed è come se li trasfigurassi in una esperienza comune, nella quale le persone possono riconoscersi. Riconoscersi significa ricordare, e quando io parlo del ricordo collettivo intendo proprio questo.” Il suo lavoro indaga l’orizzonte onirico ma è attratto anche dal tema del sacro, dalle divinità, dalle icone votive incarnazione della dimensione dell’onnipotente. Nella recente sua mostra intitolata “Il Mistero dell’Apparente. Dimensioni sacre e tribali” tenutasi presso la Galleria Studio Vetusta di Modena a conclusione di un ciclo dedicato al sacro e al profano, Fernanda ha cercato di rendere in maniera iconografica le invalicabili forze che regolano la natura. Dimostrando che la personificazione di una energia, di una identità, di una divinità è la risultante di una moltitudine di energie con una loro identità ben precisa. Cercando di rappresentare queste forze con lo scopo di riportare l’uomo a quel momento di religiosità perduto durante il corso della sua storia, perchè costretto a guardare davanti a sé e non più in alto, verso il cielo. Ha voluto dare forma diversa all’atto del guardare con l’obiettivo di distogliere l’uomo dal suo egocentrismo e la volontà di ricondurlo a una situazione di maggiore umiltà. Perché siamo tutti parte di una grande matrice divina, tanti piccoli punti di una geometria divina. “L’essere umano non è onnipresente e non ha tutto questo potere di decidere perché sono le forze esterne a farlo. Può solo essere partecipe dell’energia dell’universo pena l’esserne inesorabilmente sovrastato.” L’energia, la forza, la divinità, il sacro parlano il linguaggio dei simboli, non quello delle parole. “Il simbolo è uno ed è talmente sacro che non si può interpretare, per questo è divino. L’essere evoluto in senso energetico è destinato a comunicare non più con la parola ma con i simboli.” Nata e cresciuta in un contesto familiare ricco di stimoli che le ha permesso di coltivare con grande disinvoltura l’arte della pittura al pari di quella della scrittura, in cui l’amore per la poesia si mischiava senza soluzione di continuità a quello per la musica, Fernanda ha scelto in maniera responsabile di essere un’artista. “I miei genitori mi hanno dato una solida formazione sentimentale, tutto il resto è stato libertà, sono stata libera di scegliere quello che volevo essere.” La libertà dell’essere l’ha resa così artisticamente eclettica da sapere approcciare in maniera sublime anche il mondo della fotografia. “Sono un’artista che fotografa, non mi permetto di definirmi una fotografa. Muovendo da un sentimento più caotico che è quello della pittura, un istinto molto più impulsivo, e da una visione d’insieme fatta di tanti elementi come lo spazio, il colore, l’impostazione del quadro, ho traslato la tecnica della pittura nella fotografia. Facendone lo stesso uso della luce, del colore, ricercando la perfezione nell’imperfezione. Si potrebbe dire che ho voluto stravolgere la fotografia secondo la mia esperienza.” Il rapporto con la fotografia di moda viene in maniera casuale, senza essere cercato, eppure produce risultati eccelsi di raffinatezza e eleganza nell’interpretare la Couture di brand storici quali Gattinoni ad esempio. La sua donna è aristocratica, di una bellezza quasi ellenistica, ricca di pathos e pare assumere sembianze di opera d’arte. C’è tutto il poetico mondo di questa artista anche nella moda, in un lavoro che sa raggiungere vette altissime di sensibilità estetica. Di nuovo cielo, consistenza di nuvola nelle istantanee degli abiti. Di nuovo questa sorta di realismo magico anche nel catturare il respiro della natura e le vibrazioni dei suoi colori. Il Sud del Mondo fatto di orizzonti distesi e sterminati, di nuvole come fossero grandi navi capaci di trasportare pensieri e ricordi. Immersione nel non tempo e nella consapevolezza della finitudine dell’uomo. La sensazione, ammirando gli ultimi lavori di Fernanda, che in mezzo a questo nulla l’uomo non possa che farsi piccolo. “Se ho una responsabilità in quanto artista? Si certo. Il compito dell’arte e dell’ artista è quello di sovvertire le forze nemiche all’uomo: l’ odio, il controllo, il potere, la distruzione. La responsabilità è di partecipare, attraverso l’opera d’arte, all’armonia e all’equilibrio che fanno parte del mondo dell’inconscio per ribaltarli verso l’esterno. Dire la verità attraverso l’arte, dire dei concetti puri, avere un ruolo quasi matriarcale. Incidere sull’immagine collettiva dimentichi delle nostre bassezze di uomini.”

Resta dentro

Impalpabile

Il colore trasparente

Di una nuvola che passa

Destinata a svanire

In un orizzonte di immenso

Che si perde alla vista

Per poi annegare

Nell’ombra del Tutto

Desidero ringraziare per la cortese intervista Fernanda Veron –  www.fernandaveron.com

Traduzione di Chris Alborghetti 

 

 

THE DUMMY MEETS FERNANDA VERON #BETWEEN THE SKY AND THE EARTH

A world that shows a vivid and fertile imagination that shapes the contours of persuasive appearance. A world between the sky and the earth, a wonderful dreamlike point of the infinite that reveals Fernanda Veron’s art. The portrait of a muse that almost incarnates the power of shamans and therefore of those who know how to bridge the gap between human beings, spirits and divinities. She possesses the indigenous people’s inner strength who with their body language were able to express themselves and their world artistically. I am talking about a world of astral and terrestrial connections. I listen to her as much as in another life I listened to the Muse which represented the feminine link element between two universes. In the sky lives her perception, whereas on Earth come to light her excellent communication skills. Painter, photographer, illustrator, graphic as well as scenic designer Fernanda gets to Italy from a faraway land, Argentina, when she is seven.

“I ended up living in conditions of extreme melancholy since here I found a much smaller dimension space-wise compared to where I dwelled in Argentina. The lack of space as much as contact with nature gave me a profound sense of loneliness, which set off a creative process in my life.”

 Fernanda was a reserved, bashful and taciturn child who lived in a space that looked as though it was  enclosed with sealed silence and that over time turned  into a sort of iron curtain invisible to most people. That was her way to protect herself from what she felt but was unable to communicate. “Because you know… It was so strong and big” she says in a feeble voice while her gaze is fixed on an abyss of mystery. She has got a very vivid and fertile imagination which she utilises as a way of travelling. She is inclined to interrelate with the world simply by observing it.

 “I wondered in amazement about how could people possibly talk that much.”

 Not alien to experiences that transcend the ordinary and lead to a new dimension, Fernanda’s way of being detached from reality is her great asset. It is something that grows inside her and that she turns into art, I mean art as explanation as much as self expression.

“The central theme of whatever I create is the unconscious and particularly the becoming aware of it to make it return to the place it comes from, home. I aim at making apparent and visible what others don’t see or are not aware of. When I create I analyse feelings in a rather aloof way, nevertheless I grasp fully them. As if creating a work of art made me see myself from the inside and the outside too, made me be there and not to be there at the same time. So, my feelings are not Fernanda’s feelings any more. It’s as though I transfigured them in such a way that generates mutual feelings and an experience to be shared, in which people identify in. To me, in fact, to identify with something means to bring back memories of something and that’s exactly what I mean when I talk about the collective memory.”

She examines the oneiric horizon, nonetheless topics such as the sacred, the divinities, the votive icons which incarnate the almighty power dimension greatly appeal to her too. In her recent exhibition entitled “The mystery of the Illusoriness. Sacred and tribal dimensions” which took place at the Studio Vetusta Gallery in Modena (Italy) to complete the cycle dedicated to the sacred and the profane, Fernanda tries her hardest to represent in iconography the forces of nature. She does it in order to demonstrate that the personification of energy, identity and divinities is the personification of a myriad of energies each of which with its own true identity. Fernanda does her best to represent these forces with the express purpose of making humans going back to that moment of religiosity which was lost during history when they were forced to look forward rather than upward to the sky. Basically, she gave a different significance to the human action of looking with the aim of diverting humans away from egocentrism so as to be humble again. We all come from a divine matrix, consequently we are a lot of little point of what could be called divine geometry.

 “Humans are neither omnipresent nor ubiquitous as much as they don’t have the power to make decisions, since only external forces can do it. All they can do is to be part of the universe energy by which however, they’ll always be dominated and overwhelmed.”

Energy, power, divinities and the sacred speak the language of symbols and not that of words.

“The symbol is one and is so sacred that cannot be interpreted, that’s why is divine. To be forward in terms of energy, doesn’t mean to communicate with words, but rather with symbols.”

Born and raised in a familiar context full of stimuli, she had the opportunity to cultivate her skills and talent for painting and writing. Her love for poetry did not blended with her passion for music and thus Fernanda decided to be an artist.

“My folks gave me a solid sentimental education, all the rest was just freedom. I mean, I was free to choose what I wanted to be.”

 Freedom of being made her so eclectic, artistically speaking, that enabled her to approach sublimely the world of photography.

“I’m an artist that takes pictures, I wouldn’t dare define myself as a photographer. Coming from painting and therefore from a field where feelings as well as instincts are beyond a shadow of a doubt more chaotic and impulsive. I decided to apply the painting technique to photography. I strive to make use of light and colours in the same way that I utilise them in painting seeking perfection in the imperfection. We could say that my experience and experiences led me to revolutionise the whole of photography.”

 The harmonious relationship with fashion photography flourishes by chance and produces excellent results when it comes to refinement and elegance even when she has to interpret couture of the world’s leading and historical brands such as Gattinoni for instance. Her woman is aristocratic and a sort of outstanding Hellenistic beauty filled with pathos and wonderful and regular features typical of a work of art. Even in fashion Fernanda’s poetry and brilliance are crystal clear and her works have loads of aesthetic appeal and give great aesthetic pleasure and sensitivity. Once again a sort of magic realism emerges becomes apparent when it comes to capture the breath of nature and the vibrations of its colours. So, a prepossessing sky and denseness of clouds are discernible whenever she snaps perfect shots of clothes . The Southern Hemisphere of Earth is the half which displays boundless horizons and large fluffy clouds as if they were sailing ships on which one carries thoughts and memories. There, where time stand still, you immerse yourself in your thoughts about the awareness of the fact that humans are constantly erased in the passing of time and the passage of meaning, losing thus their past and origins in the process of a perpetual rebirth. This is the reason why humans’ lives represent nothing other than their own transitory presence. By admiring the last of Fernanda’s works one gets the feeling that in the vast emptiness of space humans cannot do anything but getting little and give in.

“If I have responsibilities inasmuch as an artist? Naturally. It’s art and artists duty to subvert the humans’ opposing forces. I’m talking about hatred, control, power, subjugation and destruction. My responsibility as an artist and therefore through my works of art, is  to be engaged in and unveil the delightful inner equilibrium and blend in harmony within the whole of the unconscious. Through art I reveal and speak the truth, I tell about concepts of purity and therefore I play almost a  matriarchal role. By means of art I could have a beneficial and significant influence on the collectivity and as a result I could be a sort of spiritual awakening to humans who often in their lives go through hardship, misery, wretchedness, pain and suffering.”

It stays inside

Intangible

The transparent colour

Of a cloud passing by

Destined to vanish

Into a far and vast horizon

That goes out of sight

And drowns in the shade of all of that.

 

I would like to offer my special thanks and deep gratitude to Fernanda Veron who kindly gave the interview to me. www.fernandaveron.com

Translation by Chris Alborghetti

 

 

 

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