NIENT’ALTRO CHE FINZIONI

Si intitola Nient’altro che finzioni il viaggio immaginario sulle tracce di Ibsen, attraverso i luoghi più suggestivi della Norvegia, che ha preso la forma di un progetto fotografico in mostra dallo scorso 9 maggio al Teatro Franco Parenti di Milano. Una fotografa dedita principalmente al reportage e al ritratto e un’ attrice teatrale e cinematografica, rispettivamente Valentina Tamborra e Federica Fracassi, ci guidano con le loro immagini lungo la direttrice di un percorso fascinoso e incantevole, dentro un mondo immaginifico eppure reale, fatto di luce netta e cristallina, di donne che si mischiano alla forza ancestrale della natura, nel perimetro sconfinato di un femmineo capace di tradursi in solida poesia.

Un tassello in più in quel grande immenso mosaico della fantasia che è Peer Gynt, il poderoso poema del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen che verrà portato in scena dal regista Luca Micheletti proprio al Parenti i giorni 17, 18 e 20 maggio.

Di questo testo che per la sua vastità si può frequentare a vari livelli, perdendocisi dentro come nell’occasione di una scoperta, la mostra fotografica costituisce un tentativo felicemente riuscito di drammaturgia parallela e ci restituisce, da prospettiva altra, un’ulteriore porzione della insanabile tensione tra aspirazione al sublime e finitudine umana che permea tutta la produzione di questo grande autore.

Un viaggio attoriale preparatorio” lo definisce Federica che ha co-firmato la drammaturgia “perché portiamo in scena in questi luoghi i personaggi dell’opera pensando proprio all’attraversamento della narrazione, anche dal punto di vista cronologico come testimonia la successione numerica dei miei diari. L’idea con la quale siamo partite era quella di capire quali figure io potessi ritrovare o interpretare in queste lande anche se poi, a dire il vero, alcuni personaggi si sono proprio materializzati. E’ stato il caso di mamma Aase, da cui ha avuto poi origine la foto intitolata MADRE, la signora conosciuta la prima sera in cui siamo arrivate in Norvegia e che si è presa cura di noi come se ci stesse per qualche ragione aspettando. ”

“La Norvegia ha certe aperture che dal punto di vista fotografico sono una vera e propria manna dal cielo!” prosegue Valentina. “Perciò quando abbiamo capito che volevamo attraversare l’opera, vestendo i panni di giovani e novelle Ibsen e interpretando a nostro modo Peer Gynt, ci siamo lasciate guidare dai luoghi e per me, che considero l’elemento umano una dominante nel mio lavoro, poterci inserire una persona come Federica è stato illuminante. Non sono una paesaggista, sono una ritrattista prima di tutto, ma è innegabile che la Norvegia offra di per sé degli spunti così interessanti da concedermi di vedere Federica non solo come Federica ma permettendomi ogni volta di interpretarla a seconda della vitalità, del modo di fare e di muoversi di ciascun personaggio. Mentre in teatro arrivi e la scenografia ti viene in un certo senso imposta, perché te la ritrovi e ti ci devi adattare, nel nostro caso era come se fosse tutto lo spazio ad adattarsi alla nostra visione. Inoltre è stato bello potermi muovere tra due diversi piani di realtà: c’era l’invenzione, quella nostra, ma c’era anche la realtà fisica che molte volte si componeva e arricchiva dell’incontro con l’altro.”

Finzioni, nient’altro che finzioni recita la prima battuta del copione.

Finzione la fotografia che per sua natura agisce attraverso l’occhio selettivo del fotografo restituendo appena una piccola frazione di modo, solo quella che lo scatto intende cernere.

Finzione le parole scritte che negli appunti di Federica assumono l’ampiezza dei voli pindarici e raccontano di una mamma simile a un angelo custode che aspetta con l’abito della festa e la coperta di lana, di una Norvegia in cui tutto è rovesciato e il cielo che non è mai solo chiede aiuto all’acqua. E di nuvole che sembrano cavalli, di una sposa portata lontana dal villaggio, da quelli che hanno una idea vaga e sicura di lei, di una donna verde che sta nel bosco come gli animali inselvatichiti. Perché nel gioco a scacchi tra finzione e realtà è la natura che bizzarra segue l’artificio, che si piega alla macchina del teatro.

“Un titolo perfetto anche per il nostro progetto fotografico!” concordano all’unisono. “Pensa che  a un certo punto perfino le tante persone che seguivano le vicende di questo viaggio non capivano più bene cosa stesse succedendo. E’ vero? E’ finto? si chiedevano disorientate.”

Finzione che non risparmia nemmeno il teatro perché in sostanza Peer Gynt è anche una riflessione profonda che investe la questione del teatro e il mestiere di attore. Non è un caso che il protagonista del poema sia il più grande mentitore del mondo e che alla fine, dopo tutte le sue avventure, approdi proprio in teatro scoprendosi un Troll, ovvero un uomo in-autentico nella visione di Ibsen.

“Quello che presentiamo” dice il regista “è un primo studio che avvalendosi dello stesso espediente dell’autore, la musica, come fosse una specie di versione-concerto itinerante, prova a ripercorre alcune tappe, strade, fantasie, sempre in forma di flusso di coscienza, di quello che è il labirintico viaggio di formazione e de-formazione di Peer Gynt. La maggiore difficoltà incontrata nel rappresentare quest’opera è stata probabilmente di dover scegliere una chiave di lettura su tutte perché questo è un copione che offre talmente tante occasioni e possibilità di narrazione che quando, al momento della messa in scena, tutto deve precipitare in un’unica chiave di lettura quella sola deve prendere il sopravvento. Sceglierla è stata la difficoltà principale anche se il progetto, proprio per come è stato costruito, muove dalla rappresentazione teatrale ma coesiste insieme alla mostra, al libro che stiamo scrivendo io e Federica, agli spettacoli, i concerti, gli incontri. Come a voler ricostruire quella complessa macchina della fantasia che è Peer Gynt. Un universo sconfinato che non si esaurisce nella sola rappresentazione del testo.”

La mostra fotografica “Nient’altro che finzioni” di Federica Fracassi e Valentina Tamborra è al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 20 maggio 2018. 

La mostra per la quale Valentina è stata insignita del Premio AIF 2018 Nuova Fotografia sarà poi esposta, in occasione di PHOTOFESTIVAL 2018, presso KASA DEI LIBRI – Milano dal 20 al 30 giugno 2018. 

 

Comments are closed.