SARA PORRO IS ESSENTIAL

Dice di non saper piangere. Ma poi fa quella cosa con gli occhi, come cercasse di nasconderli, e capisci che una stretta al cuore l’ha sorpresa proprio mentre composta metteva in fila il racconto della sua vita.

Dice di aver imparato a concepirsi in mutamento e di essere in un certo senso attrezzata al cambiamento. Di avere la speranza di poterlo affrontare, anche nei giorni a venire, con una certa serenità d’animo dato che negli ultimi anni le sono accadute tragedie immense mescolate a immense meraviglie.“Per esempio solo quattro anni fa non avrei mai immaginato che avrei vissuto di scrittura, che avrei viaggiato così tanto, che avrei avuto le opportunità che ho adesso.” Poi basta leggere i suoi scritti per scovare quel valore che nell’espressione vita rimarrà per sempre immutato: la scrittura. Perché la sua mano intelligente, arguta, brillante, quando dirige la penna pare faccia danzare l’inchiostro sulla carta.

Dice che le persone che amano mangiare sono persone di cui ci si può tendenzialmente fidare. Che il mondo che ha scoperto scoprendo il cibo è un mondo bello, quello dei produttori specialmente. “Quello che a me emoziona sempre è il lavoro del produttore. Quelli che lavorano in campagna, e sono anche dei presidi del territorio, vivono vite difficili, sono scelte di vita ingombranti le loro, scandite da ritmi molto primitivi. Sono vite faticose anche quelle dei produttori di vino che magari fanno il vino naturale e possiedono piccoli appezzamenti di terreno. Quest’anno con questo meteo terrificante la vendemmia è stata molto problematica e tantissimi produttori di vino hanno perso l’intera vendemmia perchè la grandine con l’uva in pianta è un flagello. Ho proprio pensato a cosa significhi fare un lavoro come quello del produttore di vino, cosa significhi aver lavorato un intero anno per poi veder tutto distrutto nel giro di minuti senza poter controllare nulla. Questo ti dà la misura di cosa significa vivere in quel modo, ti dà la misura di un lavoro che è più vicino agli essenziali dell’esistenza. Ed è una lezione di umiltà importante anche rispetto a chi fa un lavoro come il mio. Perché quando giudichi un produttore della terra, che non è esclusivamente un produttore di ingegno, credo sia necessario approciarlo con una dimensione di rispetto superiore.”

Dice di essere cresciuta all’insegna del junk food perché con due genitori impegnati a tempo pieno nel lavoro dei sapori dell’infanzia non rimane un gran ricordo. Forse odore di piatti precotti, merendine confezionate e gelati disgustosi. Con due sole eccezioni degne di nota: il pane della nonna mantovana e il burro quello buono.  “Sono sempre stata abbastanza appassionata di cibo, perché sono golosissima ed ho sempre mangiato tantissimo. Ora mangio un sacco di cose anche grassissime, magari salatissime, però più niente di industriale. E una cosa che negli ultimi due anni ho imparato a fare e amo fare è la pizza, a lunga lievitazione. Perchè è una cosa che mette tutti di buon umore. Perché quando dici faccio una pizza allora poi arrivano tutti.”

Dice che un percorso da fare mentre si è dentro il cibo è proprio un processo di semplificazione, arrivare ad amare i sapori molto netti, non volere tante cose in un piatto, desiderare due sapori al massimo, pensare che quello che conta è la materia prima e tutto quello che si fa è al servizio della materia prima.

Dice che quando ha iniziato a fare ufficio stampa, mentre all’università frequentava il corso di Scienze della Comunicazione e poi quello di Storia del Mondo Contemporaneo, era pessima a scrivere. Scandisce proprio la parola pessima. “I miei testi non piacevano mai ai clienti, e in quegli anni credevo di non saper scrivere e che nella vita adulta lavorare significasse fare dalle 9 alle 18 una cosa che odiavo.”  Poi da assidua lettrice del magazine on line Dissapore (www.dissapore.com) commenta un articolo su un tema, quello delle scelte vegetariane, che le sta molto a cuore e inconsapevolmente mette il primo mattone di una casa che neanche tanto lentamente si costruisce da sola. Con mattoni fatti di parole scritte.  Quelle del magazine Dissapore per il quale il Direttore le chiede di continuare a scrivere. Non più da utente questa volta ma da autrice. Quelle che raccontano la trasmissione Masterchef nella sua prima stagione di messa in onda, prima ancora che diventasse una sorta di fenomeno nazionale. Quelle del quotidiano la Repubblica che le propone una collaborazione e “scrivere per il giornale che la tua famiglia ha letto sempre tutta la vita diventa una sensazione davvero molto intensa.” Mattoni, importanti. Fondamenta di una casa stabile. Con finestre aperte sul mondo. Come quella che si affaccia sullo spazio cosmopolita di Sauce Milan (www.saucemilan.com) il sito web che ha lanciato a giugno, insieme ai due amici Ryan e Jackie, dedicato a tutte le cose buone da mangiare e da bere a Milano ma pensato per un pubblico che viene da Paesi stranieri. “Non si tratta semplicemente di fare contenuti per l’Italia e tradurli in inglese, ma si tratta di pensare che magari uno straniero è abituato a mangiare alle 18.30 e forse ha bisogno di sapere dove a Milano si può cenare a quell’ora. Oppure vuole mangiare nel ristorante di qualche stilista italiano e deve sapere dove poter andare.” Come la finestra dalla quale ha fatto entrare gli States quando per il NY Magazine on line (www.nymag.com) ha scritto quotidianamente le notizie del giorno dall’Italia. Sguardo narrante e sagace dei tratti sorprendenti della nostra società: la politica, il lavoro, le frivolezze, l’Italia tutta. Come quella che si spalancherà sull’inevitabile palcoscenico della notorietà quando, a fine novembre, uscirà Giuseppino, il libro scritto a quattro mani con Joe Bastianich. “E sarà un’esposizione mediatica forte rispetto alla quale dovrò attrezzarmi. A proposito di cambiamento…”

Tutte le cose che Sara Porro dice le dice con un senso di dignità e una compostezza che la tengono in equilibrio stabile, anche nel disfunzionale mondo del web di cui rappresenta materia solida e non gassosa destinata, prima o poi, inevitabilmente ad evaporare. E forse affondano le radici in un uomo sempre in prima linea quando si tratta di cose giuste e una donna che è un buon giudice di cose scritte. “Mio padre è un uomo buono, un importantissimo barometro di quello che faccio, una persona su cui misuro molto la dignità delle cose che faccio e del modo in cui mi esprimo. E’ lui che mi fa mantenere alta l’asticella dal punto di vista di come ci si conduce.  Dal punto di vista della scrittura invece guardo a mia madre, che ha sempre insegnato italiano ed è una lettrice avidissima.”

Infine, tocca a me dire. E io dico che quello con Sara è stato un viaggio dal gusto essenziale. Resta dentro il sapore di ciò che è importante, di ciò che conta. Condito con essenza di parole Sara mi ha servito un perfetto piatto bilanciato. Perfetto equilibrio di amore. Ma lo dico io questa volta. Mentre lei fa quella cosa con gli occhi, come cercasse di nasconderli, e capisci che una stretta al cuore l’ha sorpresa proprio mentre composta terminava il racconto della sua vita fin qui.

Desidero ringraziare per la gentile intervista Sara Porro, scrittrice. www.dissapore.comwww.saucemilan.com

Location: Un Posto a Milano, Via Cuccagna 2 Milan (Italy) www.unpostoamilano.it

Video di Pasquale Russo

Traduzione di Chris Alborghetti

 

SARA PORRO IS  ESSENTIAL

She says she does not know how to cry but then, she starts blinking her glistening eyes as if she wanted to hide them. You understand she feels a lump in her throat and her heart skips a bit while composed and dignified she reconstructs and recounts the story of her life.

She says she has got used to perceiving herself as a being in mutation and in a sense, to be equipped to cope with change. For her peace of mind she is hopeful of facing change serenely in the years to come too since, in the last few years, major tragedies as well as significant happenings in her life interwove closely. “Four years ago for instance, I wouldn’t have even possibly imagined that I would live off writing, travel so much and have the opportunities I’ve today.” All you have to do is read her writings to fathom that in her life there are certain values, like the writing ones, that will never change. Because when her clever, bright and sharp hand moves a pen, it is as if the ink danced on paper.

She claims that the people who love eating, are people you can generally trust. She also adds that the world she has discovered thanks to food, especially that of producers, it is prepossessing and fascinating too. As she puts “What producers do, always thrills me. They work in the countryside, they are the head-teachers of the territory, their lives are hard and their life-style choices, which are dictated by primitive rhythms, weigh heavily with them. Living as a wine producer is tough too, often making natural wine owning  little parcels of land. This year, due to inclement and miserable weather the grape harvest has been problematic. In fact the hailstorms when the bunches of grapes were still on the vine-grapes resulted in many failed harvests. That’s when I thought of wine producers and what it means to be one of them when you see  your hard work done in one year, going down the pan in a flash. You simply feel so helpless, powerless and impotent at the same time. These situations make you realise what it really means to live in that way, doing a job that is closer to the basis of existence. It’s a valuable lesson in humility, especially for people who took or have taken up my profession. Because whenever you judge somebody who lives off and works the land, you judge a person who among other things, is sharp-witted and acute. That’s why I believe that to judge and think about these people with reverence is of paramount importance.”

She tells she grew up with junk food since both her parents had a full-time job. Therefore, to her, childhood flavours do not bring back sweet memories, rather they reminisce about precooked smells, packaged sweet snacks and disgusting ice creams. Nevertheless there are a couple of noteworthy exceptions which are the Mantuan granny’s bread (from Mantua, a city in Lombardy – Northern Italy) and butter. “I’ve always been quite passionate about food firstly because I’m very greedy and secondly because I’ve always been a big eater. These days I might eat fatty or extremely salty food but nothing processed anymore. In the last few years I’ve learnt something I love to bits, how to cook pizza following the slow dough rise recipe. Because pizza is something that puts everyone in an amiable mood. Infact, when I say “I’m going to cook a pizza” I make everybody’s mouth water and they all flung here gagging for a slice.”

She argues that when one is into food should go through a process of simplification. In a nutshell one should learn how to love food for its unique and true taste, rather than going for a dish which is a mixture or a blend of different flavours. People should have a maximum of two flavours in a dish and bear in mind that the raw material is what counts the most and all the rest must be in its service.

She says that while she was at uni doing a combined Honours degree in Communication Studies and Contemporary World History she started working as a press officer but was terrible at writing. She articulates clearly the word terrible. “What I wrote never really appealed to clients. At the time, I thought I was unable to write as much as that working in adulthood meant to start at 9 a.m. and finish at 6 p.m. which I loathed it.”

Being an assiduous and regular reader of the online magazine Dissapore (www.dissapore.com) she comments on an article on vegetarian choices, which are an issue very close to her heart. In doing so, Sara unknowingly lays the foundations of a house that she builds by herself, not even that slowly, with bricks made of written words. I am talking about the words she writes for the magazine Dissapore, whose editor asks her to keep on writing for, no longer as a reader, but rather as an author. I am talking about the words that portray the television programme  Masterchef the first year it is broadcast and therefore before turning into an out-and-out nationwide phenomenon. I am also talking about the words she writes for the renowned Italian daily paper la Repubblica, whose editor asks her to collaborate with. “Writing for the paper that your family has been reading for donkey’s years becomes an exquisite sensation as well as an intense emotion.” All the words she has written are significant bricks, the foundations as much as the foundation stone of a stable house whose open windows give on to the world. Like the house that dominates the cosmopolitan space of Sauce Milan (www.saucemilan.com) her website that Sara launched last year in June together with two friends Ryan and Jackie. The website is dedicated to those people who are interested in the good things to eat and drink in Milan and it was devised particularly for foreigners. “It’s not simply a matter of content. Consequently we are not talking about writing something for the Italian readership and translate the content into English. Rather it’s a matter of being thoughtful and perceptive since a foreigner might regularly eat at 6.30 p.m., and because of that s/he might need to know where to dine at that particular time in the evening in Milan. Equally, s/he might want to go to eat to some Italian stylist’s restaurant, hence s/he needs to know where to go.” 

Talking about windows, I think of the one from which she let the States in, and started writing daily the Italian news for the NY Magazine online (www.nymag.com). Her narrating and sagacious look observes the surprising features of the Italian society such as politics, work, frivolities and those of Italy itself in general. To keep to the point, I think of the window that will be wide open overlooking the stage of fame when, at the end of November, she will release Giuseppino, the book written with Joe Bastianich. “Talking about change… the book will get  massive mass media exposure and I will have to be ready to to cope with it.”

Whenever Sara Porro talks, she does it with dignity, poise, composure and mannerisms. This allows her to maintain her equilibrium, even in the dysfunctional web world where she represents something concrete, tangible and solid, and therefore something that, contrary to liquids or gases, will not evaporate at all.

Possibly the reason of all of this is deeply entrenched in two people. Her father who, in his life has always been just, fair and righteous and has always held his head up high. The other person is her mother, a woman who when it comes to writing in general or access writings of any kind, definitely knows her onions. “My dad is a good man, a very important barometer of what I do, a person through which I measure the dignity of things I do as well as the way I express myself. He is the one that makes me keep the bar high from both an attitude and approach perspective in relation to myself and the world too. Writing-wise, I can’t do anything but think of my mum, a lady who has always taught Italian and who is an avid reader at the same time.”

Now it is my turn to talk and I tell you that the journey I set out on with Sara has had an essential flavour. I mean, the flavour of what is important and counts in life, a sort of dish flavoured with words essence. Sara has served me a perfectly balanced flavours dish with mental and love equilibrium. But this time it’s me to tell you about it, while Sara starts blinking her glistening eyes as if she tried to hide them. It is then that you understand she feels a lump in her throat as much as her heart skips a bit while composed and dignified she reconstructs and recounts the story of her life up to now.

I would like to offer my special thanks to Sara Porro, the writer who has given the interview to me. www.dissapore.com – www.saucemilan.com

Location: Un Posto a Milano, Via Cuccagna 2 Milan (Italy) www.unpostoamilano.it

Video by Pasquale Russo

Translation by Chris Alborghetti

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