UNA CASA PER BYRON

E’ autunno avanzato, anche tra i rami aggrovigliati del bosco. Sembra ammutolito il mondo da qui. Non c’è fruscio di foglia, nessuno scricchiolio del vento, nessun rumore che scenda dall’aria grigia. Soltanto pace, e pace, ancora pace. E gli occhi di una donna con dentro l’incredibile forza e insieme la dolorosa friabilità dell’esistenza.

“Una vita sempre molto leggera io e Kristian, intendo dire una vita alleggerita dal peso delle cose materiali. Nessuna proprietà, così da essere liberi in ogni momento di andare. Ma poi, morto Byron, è arrivato il momento di capire dove seppellirlo. E serviva una casa, una casa per Byron. Lui odiava il sole, come me. E odiava il caldo, come lo odio io. Ci siamo messi a cercare ed è arrivata questa casa: costruita da una donna tedesca, esposta a nord, affacciata sul bosco, caratterizzata da dislivelli che seguono la pendenza del terreno. L’abbiamo vista, abbiamo guardato il bosco e ci siamo detti: è questa! Abbiamo portato qui i nostri cani e loro si sono sdraiati per terra, con naturalezza. E in quel momento esatto abbiamo capito che eravamo nel posto giusto.”

Kristian e Lorella, un incontro che avviene grazie a una grandissima passione in comune, quella del vino. Impegnata nel settore enologico lei, organizzatrice tra le altre cose di corsi di degustazione, garden designer lui, dal giorno in cui si conoscono non si lasciano più, stravolgono le loro vite precedenti e iniziano un percorso comune che li porta sulle colline di Monfumo, piccolo comune del trevigiano, e che dà origine a Asolo Dog Resort.

Dopo che hai passato tutta una vita a costruire, costruire, costruire e poi in un attimo incontri la persona giusta e mandi tutto all’aria, vuol dire che non serve avere dei legami così forti con le cose, con gli oggetti, con la materia. Siamo sempre stati due zingari io e Kristian, nessuno dei due con una affezione particolare per un luogo specifico. Poi però 10 anni fa siamo arrivati in questo comune e ci siamo detti che qui volevamo morire. Una cosa che abbiamo sentito entrambi, quasi che qui il cerchio dovesse in qualche modo chiudersi. Ecco, questo è un posto dove tornare perché puoi essere zingaro fin che vuoi ma un posto dove tornare lo devi avere. Ed è l’unico modo per poter cominciare ad andare.”

Esplode dentro una espressione meravigliata e di gratitudine autentica per l’imprevedibilità di un mondo che, seppur spietato e dolente, sa essere anche inesauribile e generoso quando concede una grazia come questa. I tempi lunghi della natura avvolgono il respiro breve dell’uomo, privano le cose dell’inutile e del superfluo, fanno emergere dalla terra, dal profondo, le radici. Storie di alberi e di animali che parlano a chi li sa ascoltare.

“Io e Kristian cercavamo un cane da tanti anni però volevamo un cane che ci seguisse 24 ore al giorno: in ufficio, al ristorante, che si muovesse con noi e con i nostri ritmi. Oltretutto eravamo propensi a non comprarlo considerando tutti quelli che stanno nei canili e hanno bisogno di essere adottati. Alla fine è stato un nostro amico a indicarci la razza dei levrieri e le associazioni che si occupano di recuperarli. Sono cani che nei Paesi anglosassoni come Irlanda, Inghilterra, Nuova Zelanda e Australia, dopo 1 o 2 anni di allenamento in pista, vengono utilizzati per le corse ma, a fine carriera, sono destinati all’abbattimento.”

In questa grande famiglia allargata arriva per primo Byron, adottato nel febbraio del 2011 e morto lo scorso anno. Scoprono quasi subito che è malato di un linfoma multicentrico per cui, per quel meccanismo umano che fa della compensazione lo strumento più efficace per accarezzare l’illusione di poter colmare i vuoti del cuore, arriva di lì a poco il secondo cane, Prince. A seguire Happy, un’anziana whippet e Goldie, inizialmente per un breve periodo di vacanza e riposo e che poi invece si ferma per sempre. Infine Cheyenne insieme a un curioso destino che porta nel luogo in cui sarebbe sempre dovuto stare.

“I cani partono alla mattina con noi, vengono nell’azienda di Kristian nella quale adesso lavoro anche io e dove abbiamo tante scrivanie e tante cucce. In ufficio se io mi presento senza cani è una tragedia! La pet therapy nei luoghi di lavoro è straordinaria: non puoi più alzare la voce o fare gesti brutti perché il cane si spaventa per cui l’auto disciplina di tutti i comportamenti umani dettati dall’ira diventa un meccanismo naturale. I cani non sono mai cattivi, loro si difendono ma non sono cattivi. E attraverso questi cani così sensibili riusciamo a leggere le relazioni umane intorno a noi, le crisi di coppia per esempio o le tensioni sul lavoro.”

Qui il meraviglioso si impone con assoluta semplicità, con l’evidenza del quotidiano. Niente gabbie o recinti per gli ospiti che vengono accuditi come fossero parte della famiglia. Una solidarietà profonda, una congenialità di sentire, quasi un’intensità sanguigna di affetti. Gli occhi seguono la corsa a perdifiato dei levrieri giù fin dove si perde la vista e poi il ristoro sui divani, le candele, le lampade fioche, le sedie di legno, il silenzio misterioso di un certo pensiero che fa bagnare gli occhi davanti al fuoco del camino. Le cose di questo spazio incantato si associano con le altre cose della vita: l’autunno brumoso e il rintocco delle campane a indicare, oltre che le ore del giorno, un senso epico di strada condivisa. In un tempo aggrappato alle rocce, figlio del bosco, fratello degli animali.

Le bestie sanno il tempo in tempo, quando serve saperlo. Pensarci prima è rovina di uomini e non prepara alla prontezza. (Erri De Luca, Il peso della farfalla)

Desidero ringraziare per il tempo di questo scritto Kristian e Lorella, fondatori di Asolo Dog Resort – www.asolodogresort.itFacebookInstagram.

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