AFRICAN CHARACTERS, DI NUOVO L’ARTE AFRICANA ALLA OSART GALLERY

Ritorno sulla collettiva “African Characters”, che ha inaugurato lo scorso 10 settembre alla Osart Gallery di Milano, dopo averne fatto un racconto più didascalico per Segnonline, mossa da alcune riflessioni che il testo di Nicolas Bourriaud “Il radicante” suggerisce in merito al tema della globalizzazione e della sua trattazione secondo una prospettiva estetica.

Continuando nel percorso di approfondimento del panorama artistico africano, la galleria esibisce, per la prima volta in Italia in uno spazio privato, i lavori di Kate Gottgens, Neo Matloga, Richard Mudariki, Gareth Nyandoro e Kudzanai-Violet Hwami, questi due ultimi già presenti alla Biennale di Venezia, nel padiglione dello Zimbabwe, rispettivamente nel 2015 e nel 2019.

Le opere dei cinque artisti cristallizzano scene di vita quotidiana ambientate tra Zimbabwe e Sudafrica e offrono uno spaccato di umanità che riflette la situazione politica, sociale e culturale dell’Africa contemporanea.

Ph. Consuelo Canducci, Osart Gallery, African Characters

Neo Matloga, Bina le nna, 2019

Il critico e curatore d’arte francese, nel succitato testo, ci ricorda che nel maggio del 1989 veniva inaugurata la mostra Magiciens de la terre, con il sottotitolo “Prima esposizione mondiale dell’arte contemporanea” perché riuniva gli artisti di tutti i continenti. Proprio a  partire dal grande mixer che fu l’esposizione curata da Jean-Hubert Martin, si può datare l’ingresso ufficiale dell’arte in quello che ormai è il nostro mondo globalizzato. Questa improvvisa irruzione di individui provenienti da Paesi allora definiti “periferici” nella sfera contemporanea corrisponde alla nascita di quella tappa del capitalismo integrale che, vent’anni più tardi, prenderà il nome di globalizzazione.

Se intendiamo “ripensare moderno” all’inizio di questo secolo, continua Bourriaud, occorre affrontarlo a partire dalla globalizzazione, considerata nei suoi aspetti economici, politici e culturali. E, più ancora, partire da un’abbagliante evidenza: se il modernismo del XX secolo è stato un fenomeno culturale puramente occidentale, oggi va preso in considerazione l’equivalente globale, vale a dire che bisogna inventare modi di pensiero e pratiche artistiche innovatrici. E stavolta sarebbero direttamente informati dall’Africa, dal Sudamerica o dall’Asia i cui parametri integrerebbero i modi di pensare e fare in corso nel Nunavut, a Lagos o in Bulgaria.

Ph. Consuelo Canducci, Osart Gallery, African Characters

Neo Matloga, Baby ntsoare, 2018

Proprio all’Africa del Sud guarda da un po’ di tempo Andrea Sirio Ortolani, proprietario della galleria, colpito tra le altre cose dalla vivacità del clima artistico che lì vi si respira e dal desiderio di apertura a un contesto più ampio che non sia esclusivamente quello domestico. Due elementi efficaci a fare da contrappunto a un’Europa: «che non voglio dire sia stanca ma oramai, soprattutto nell’arte moderna e contemporanea, il sistema è così consolidato che spesso, almeno per come lo vedo io, rischia di risultare piatto. »

Esposti in questa occasione gli oli su tela di Kate Gottgens (1965, Durban, Sudafrica) che descrivono la quotidianità della classe media sudafricana: figure che si intravedono appena, offuscate e malinconiche ritratte, per contrasto, in contesti di abituale divertimento: a bordo di una piscina, nel bel mezzo di una gita fuori porta o sulla spiaggia.

Vi ritroviamo anche il lavoro di Kudzanai-Violet Hwami (1993, Zimbabwe), dal forte accento autobiografico, legato agli spostamenti che hanno segnato la sua vicenda personale prima ancora che quella di artista. Di origine zimbabwese, ha vissuto in Sud Africa dai 9 ai 17 anni, per poi andare a studiare a Londra. E’ una delle tante giovani donne che ha vissuto sulla propria pelle la kuDiaspora, ovvero il fenomeno di chi cerca una nuova vita al di fuori dello Zimbabwe.

Ph. Consuelo Canducci, Osart Gallery, African Characters

Kudzanai - Violet Hwami, Untitled, 2016

Neo Matloga (1993, Limpopo, Sudafrica) è invece interessato alle relazioni umane e in particolare al contesto domestico-familiare. I suoi soggetti sono rappresentati con carboncino e inchiostro mentre ballano, mangiano e chiacchierano e ci mostrano così le diverse sfaccettature dell’animo umano. La caratterizzazione dei personaggi è peculiare: i visi e i volti, così come le mani e le braccia, sono fatti di ritagli di giornali.

La pittura acrilica di Richard Mudariki (1985, Seke, Zimbabwe) indaga invece temi socio-politici africani e globali: la caduta del presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, la crisi dell’acqua a Cape Town e la volatilità della politica nell’era della Brexit. Con un linguaggio visivo unico, in cui le ironiche citazioni dalla storia dell’arte europea sono unite a colori brillanti, grandi campiture piatte e prospettive irregolari, l’artista riflette anche su una delle dinamiche tipiche del mercato dell’arte: la partecipazione di una galleria ad una fiera.

Ph. Consuelo Canducci, Osart Gallery, African Characters

Richard Mudariki, Art Fair Booth, 2019

Infine, l’arte di Gareth Nyandoro (1982, Zimbabwe) insiste sull’interazione umana all’interno del tessuto urbano. Così come è intricata la struttura delle città (Pa Tonaz in slang zimbabwese) e delle relazioni umane, allo stesso modo lo è la tecnica che l’artista predilige che con un processo simile al décollage –  definito Kuchekacheka – incide e taglia il cartone fino ad ottenere dei veri e propri ritratti.

«La mostra African Characters è la naturale continuazione del lavoro cominciato con la precedente  African Textures riguardante anch’essa l’arte emergente dell’Africa del Sud. L’indagine della galleria è solamente all’inizio, vogliamo sempre più approfondire la nostra ricerca andando a studiare dei progetti monografici che permettano allo spettatore di entrare nella maniera più completa possibile dentro la storia e il racconto di ciascun autore.»

Ph. Consuelo Canducci, Osart Gallery, African Characters

Richard Mudariki, Lost Lover, 2018

Mi piace pensare, con Bourriaud, che questa modernità del XXI secolo, nata da negoziazioni planetarie e decentrare, da multiple discussioni tra attori provenienti da culture diverse, dal confronto di discorsi eterogenei, non potrà che essere poliglotta: costituita di elementi disparati ma capaci di funzionare insieme e che sono al contempo il suo motore e il suo contenuto.

10 settembre – 8 novembre 2020

AFRICAN CHARACTERS

Kate Gottgens, Kudzanai-Violet Hwami, Neo Matloga, Richard Mudariki, Gareth Nyandoro

Osart gallery, Milano Corso Plebisciti 12  – website – FacebookInstagram 

Foto di Consuelo Canducci – web siteFacebookInstagram 

Fonte: Nicolas Bourriaud, Il Radicante. Per un’estetica della globalizzazione. Postmedia Books, Milano, 2014 

Ph. Consuelo Canducci, Osart Gallery, African Characters

Gareth Nyandoro, Jedza welders, 2019

Ph. Consuelo Canducci, Osart Gallery, African Characters

Richard Mudariki, Art Fair Booth, 2019 & Kudzanai - Violet Hwami, Untitled, 2016

Ph. Consuelo Canducci, Osart Gallery, African Characters

Osart Gallery, African Characters, Installation view 

 

 

 

 

 

 

 

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