BRUNO TORNA DALLE VACANZE

Le vacanze finivano sul finire di agosto. E Bruno attendeva il momento del ritorno con lo stesso rassegnato entusiasmo con cui, nel mese precedente, aveva atteso il momento della partenza. Bruno aveva imparato presto che l’entusiasmo era ingannevole, che sapeva muovere a delusione veloce più del vento. Era rassegnato lui, e come lui tutte le cose stipate dentro la Citroen CX Pallas piena fino all’orlo di patate, salami, pomodori, olio, pane biscottato e chissà poi che altro. Solo a guardarla così, stracolma di cibo per un viaggio lungo e faticoso che non concedeva soste, non pareva nemmeno più aerodinamica quella vettura. Pronta a attraversare l’Italia intera dimentica del suo fascino futuristico messo a servizio delle carni macellate del maiale. Nonostante Bruno osservasse con arrendevolezza il rituale della preparazione, l’idea di partire non lo intristiva poi così tanto. Viaggiare in fondo era ancora un pezzo di vacanza, era ancora poter fantasticare delle vite degli altri spiandoli dal finestrino dell’ammiraglia. E inventarsi le loro vite. E poi viverle. E poi convincersi che fossero migliori della sua mentre, senza successo, cercava di sgranchirsi le gambe rimaste incastrate tra le cassette di pomodori e le damigiane di olio. Era il casello di Milano a urlare la parola fine, fine delle vacanze! Le fantasie, nel momento esatto del casello, cedevano il passo alla realtà dei mezzi in coda disposti a forma di serpentone lungo l’autostrada. Durante quell’attesa forzata un timido entusiasmo accarezzava l’idea di ritornare. Perché le vacanze di Bruno erano sempre identiche a loro stesse, mai niente che cambiasse. Abbandonato in un paese abbandonato anche da Dio che non gli riservava nessun gesto di intelligenza e nemmeno di generosità. Bruno si sentiva in mezzo a degli estranei un estraneo che doveva convincersi a giocare con i cugini più per spirito di sopravvivenza che per altro, perché su tutto si imponeva la necessità di sopravvivere a giornate immobili che iniziavano e finivano dentro un paese immobile. Ma presto la sensazione di poter correre libero in mezzo ai vicoli aspri e trasandati che aveva caratterizzato l’inizio della vacanza svaniva. Arrivava la noia e il senso di solitudine. E così di nuovo l’entusiasmo muoveva a delusione. E la delusione si faceva di lì a poco rassegnata. Bruno avrebbe voluto trascorrere vacanze vere, vacanze altre. Conoscere altri posti, vivere altre situazioni. Invece ogni estate sempre la stessa cosa. Dalle montagne scendeva al mare con l’autobus insieme alla nonna, i cugini e le borse di paglia piene di panini con la cotoletta. E insieme all’odore delle cotolette evaporava anche quella timida piccola felicità che aveva pregustato il giorno dell’arrivo. Evaporava allo stesso modo, insieme ai gas di scarico delle auto, anche un’idea felice di Milano quando, lungo la tangenziale, Bruno vedeva scorrergli davanti agli occhi architetture sconosciute, strade deserte e serrande abbassate. E l’atmosfera si faceva rarefatta come quella di una città dismessa. Appena a casa Bruno guardava sua madre che riempiva il frigorifero e immobile la fissava mentre passava i salami nell’olio e li nascondeva perché non venissero mangiati. Bruno sapeva bene che quei gesti silenziosi e meccanici salutavano l’estate. Senza dolore. Con la rassegnazione che facile gli veniva da dentro. Sapeva che la noia sarebbe stata compagna anche dei giorni a venire mentre il mondo aspettava trepidante l’indomani per ritornare quello di sempre: i rumori in strada, la gente nei negozi, i bambini a giocare per le vie del paese. Un mondo più grande, più seducente, che si svelava soltanto dalle inferriate di un cancello che gli era proibito varcare. Un mondo che Bruno poteva solo spiare, inaccessibile senza spiegazione alcuna, di cui poteva solo fantasticare la sera quando, disteso sul suo letto, faticava a prender sonno. Poi di colpo decideva di chiudere gli occhi e allora ecco che l’orizzonte del reale prendeva a restringersi e quello dell’immaginazione iniziava invece magicamente a dilatarsi. Bruno era tornato dalle vacanze e aspettava così, con gli occhi chiusi, che qualcosa di diverso accadesse.

Questo racconto è per te. Per il bambino che eri. Per l’uomo che sei diventato. Per i pochi sogni che si sono avverati. Per quel qualcosa di diverso che nell’attesa è accaduto. Tra noi. 

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