Dopo la Laurea in architettura presso il Politecnico di Milano e diverse esperienze nell’ambito della critica d’arte, Caterina Verardi decide di seguire la sua grande passione per l’arte e per il suo mercato. Consegue, con lode, la laurea specialistica in Arti, Patrimoni e Mercati presso l’università IULM di Milano, e, in seguito ad alcune collaborazioni con case d’asta e istituzioni, sceglie di dedicarsi completamente all’attività di consulente indipendente.
Oggi, sull’onda delle riflessioni suscitate dalla mostra “COLOR as attitude” alla Osart Gallery di Milano, risponde alle mie domande sulla minima art, quella attitudine operativa protagonista del radicale cambiamento del clima artistico intorno al 1960.
D: In quale contesto si sviluppano le tendenze minimaliste degli anni ’60 nello scenario artistico americano? Perché la netta contrapposizione con il soggettivismo espressivo dell’action painting e con la pop art?
CV: Possiamo descrivere la minimal art come il primo movimento artistico pienamente americano, perché nasce da una riflessione che mette in contrasto il nuovo polo creativo minimalista con i primi due grandi movimenti artistici nati negli Stati Uniti: l’action painting e la pop art. Gli artisti minimal oppongono all’uno una forma oggettiva e rigidamente impersonale e all’altro un linguaggio anti-espressivo dominato da unità primarie ridotte alla loro essenza estetica. È una tendenza nuova che vuole raccontare una società formatasi negli anni ’60, ormai lontana dai turbamenti del dopoguerra e pienamente consapevole dei mutamenti portati dal boom economico. La cultura minimal è pura, razionale, elementare e avanguardista.
D: La superficie piatta, la forma del supporto, i colori: quadri monocromi e spazio cromatico totale. Chi sono i più influenti esponenti del minimalismo americano e quando fanno il loro ingresso nella scena artistica?
CV: Minimal Art è il titolo di un articolo pubblicato nel 1965 su Arts Magazie dal filosofo Richard Willheim. Questa pubblicazione darà luce al concetto di “riduzione minimale”: una pratica tanto ossessiva quanto quotidiana di ricerca della forma elementare, libera dai chiaroscuri della soggettività e dalla sensibile morbidezza dell’ornamento. Artisti come Donald Judd, Dan Flavin, Frank Stella o Sol LeWitt professano la fede nella contemporaneità e comunicano attraverso la nuova estetica dell’avanguardia.
D: Una pittura pura, lontana da qualsiasi rapporto illusorio con la vita, dove ogni cosa inessenziale viene eliminata. E’ giusto dire che in questo periodo storico la pittura perde ogni significazione simbolica e fa riferimento a nulla oltre sé stessa?
CV: Non solo, la minimal art va oltre. Libera dal peso dell’interpretazione simbolica, vuole spezzare anche il legame con il tradizionale concetto di arte. Innanzitutto le opere minimal non somigliano a un oggetto d’arte perché poco hanno a che fare con la mano dell’artista, alla quale preferiscono la precisione della lavorazione industriale. Spesso non si tratta di lavori esposti ma di installazioni ambientali destinate a essere attraversate, calpestate o vissute in compresenza, con la stessa familiarità con la quale ci avviciniamo a un oggetto di design. L’arte minimalista è senza piedistallo destinata a una cultura nuova, che non la contempli ma la viva apertamente come la rappresentazione industriale della propria essenza elementare.
D: Colore e luce e loro interazione. Un rapporto diretto con la luminosità che assume in alcuni casi anche significati spirituali. Rimane nonostante tutto di fondo, appena percepibile, una sottile sensibilità e una tensione autoreferenziale?
CV: Proprio così, la fideistica ricerca dell’assoluta purezza impersonale, alla fine, porta alla produzione di un’arte dal forte slancio spirituale. L’arte minimale crede fermamente in una contemporaneità dove il processo di industrializzazione del dopoguerra, più che un fenomeno, è ormai cultura e dove il romanticismo e la sensibilità europea non sono più né un modello né un’ambizione. Gli artisti minimal professano la loro arte come sacerdoti di un nuovo sentimento contemporaneo, che non cerca un oltre ma va dentro sé stesso, per trovare le unità primarie elementari della nuova estetica contemporanea.
Desidero ringraziare per la cortese intervista Caterina Verardi, Art Advisor – web site – Facebook – Instagram
Foto di Nils Rossi