CRISTIANO DE MATTEIS, UN ETERNO CERCARSI

Cristiano De Matteis nasce a Roma nel 1971. Dopo il Liceo Artistico si iscrive allo IED, dove frequenta il corso d’illustrazione e affina la conoscenza dell’arte pittorica, cominciando così a sperimentare la sua personale tecnica di commistione tra la fotografia e la pittura. Attualmente vive e lavora nella capitale dove, in via del Pellegrino, ha aperto “Lo Studio d’Arte”, un atelier gestito assieme alla moglie Monica. In questa intervista esploriamo i tratti salienti della sua poetica, nell’interregno tra sogno e realtà.

Cristiano De Matteis, Trampoline

Francesca Interlenghi: Tutto il tuo lavoro si basa sulla commistione di due tecniche diverse, quella fotografica e quella pittorica, che mescolate insieme danno origine alla tua peculiare cifra stilistica. Vorrei iniziare chiedendoti qual è il rapporto che intrattieni con l’una e l’altra. In altri termini, come ciascuna ha influenzato il tuo modo di vedere, sentire e pensare?

Cristiano De Matteis: Quando mi chiedono se mi reputo un pittore o un fotografo, la mia risposta è  sicuramente la prima. Non mi considero affatto un fotografo, non ne ho le competenze e la formazione. La fotografia è solo il mezzo che mi aiuta a fermare quel qualcosa che altrimenti sfuggirebbe. La mia formazione è prettamente pittorica e questa è altresì il mezzo che mi permette di fare mia quell’immagine che ho fermato con il mezzo fotografico. Lo studio negli anni mi ha portato ad osservare costantemente ciò che mi circonda, di conseguenza la curiosità verso quello che è manifesto, ma anche verso quello che si cela dietro un’immagine. Così è partito il gioco che più mi da gioia.

Cristiano De Matteis, Les Oiseaux

Francesca: Mi sembra che nella tua produzione le distinzioni tra fotografia e pittura a un certo punto cadano e il rapporto tra arti e tecniche non viva di condizioni gerarchiche, ma si dissolva nell’espressione artistica tout court, nell’atto, nel gesto creativo. Come arrivi a questo intreccio congiunto di sperimentazioni?

Cristiano: La sperimentazione nasce durante gli anni di frequentazione dello IED, durante il corso d’illustrazione. Sollecitato da un progetto d’illustrazione editoriale ho cominciato a mettere in relazione delle fotocopie con la pittura acrilica. Fotocopie che realizzavo muovendo l’immagine d’origine durante la copia della stessa, alterandone le proporzioni, per poi intervenire in pittura rendendo l’immagine un ibrido il più equilibrato possibile tra foto e pittura. L’euforia di quei momenti la ricordo ancora molto bene!

Cristiano De Matteis, GNAM

Francesca: In questa mescolanza, il tuo sguardo non si pone mai come specchio dell’esistente. Non è una registrazione del reale, la tua, fatta attraverso l’utilizzo di due media differenti. Direi piuttosto uno sguardo teso alla costruzione di un “altrove” con immagini che alla fine sono irreali proprio perché immaginate. Quale il rapporto tra realtà e finzione nella tua poetica?

Cristiano: Il contesto lo immagino sempre reale e quello che si svolge all’interno lo è altrettanto, solo che vivono due realtà diverse nel tempo, dando vita ad un mondo altro, una doppia realtà che crea un mondo onirico.

Cristiano De Matteis, No Way Out

Francesca: I tuoi squarci di mondo, in cui l’invisibile si fa sempre più presente e visibile, creano una sorta di spaesamento percettivo. L’onirismo è una componente importante del tuo lavoro, tant’è che intitolavi una delle tue ultime mostre personali “E’ severamente vietato calpestare i sogni.” Mi racconti come la dimensione del sogno partecipa alla dimensione artistica?

Cristiano: I miei sono senza dubbio sogni vigili, dovuti forse alla voglia di evadere da contesti conosciuti, di voler dare altre chiavi di lettura. Fu determinante una cosa che lessi su Burroughs e sulla sua tecnica di scrittura, il cut-up che consisteva nel ritagliare parole di un testo già esistente, per generare un nuovo significato, mischiando le varie parole in un ordine diverso. Ecco, io cerco di farlo con le immagini che assemblo di volta in volta.

Cristiano De Matteis, Magenta

Francesca: Nel “Libro di sogni” Jorge Luis Borges riporta un passaggio dell’Eneide, Canto VI, che così recita: “Gemelle sono le porte del sogno: si dice che l’una sia di corno, dalla quale escono facilmente le vere ombre; l’altra, splendente, delicatamente lavorata in bianco avorio, è quella per la quale i mani mandano in terra i falsi sogni”. Queste parole mi hanno suggerito una lettura molto poetica del bianco e nero delle tue opere quasi come fossero due porte, gemelle, del sogno. Ma al di là di questa mia visione, mi racconti il motivo di questa tua precisa scelta cromatica?

Cristiano: Il bianco e nero è ormai il mio alfabeto, raramente uso inserti cromatici, devo esserne assolutamente convinto. L’esclusione dei colori mi porta ad una attenzione prioritaria nei confronti della forma, della luce e del movimento e soprattutto toglie realismo all’intera rappresentazione. Molto spesso nelle mie composizioni il bianco più abbacinante è il punto di contatto dei piani sovrapposti, attraversa più mondi sposandoli in questa loro nuova forma. Il nero oltre ad avere più forza formale, ne ha anche di più dal punto di vista espressivo ed è quello che affronto con più rispetto e misura, lui è già lì quando inizio a dipingere sulla stampa, ma non posso lasciarmi travolgere dalla sua presenza.

Cristiano De Matteis, Father & Son

Francesca: Alla dissolvenza delle immagini fa da eco, in un certo qual modo, la dissolvenza dei rapporti: i tuoi sono incontri fugaci, storie ipotizzate, collusioni appena accennate. L’Altro è sempre decontestualizzato dal qui e ora e i tuoi personaggi vivono in una zona metafisica che pare non prevedere né spazio né tempo. Il mutuo appartenersi sembra inevitabilmente dissolversi insieme a loro. Un’iconografia della solitudine, mi vien da dire. 

Cristiano: E se fosse un eterno cercarsi?

Cristiano De Matteis, Dentro e Attraverso

Cristiano De Matteis, web site FacebookInstagram 

Comments are closed.