EMTIVI STUDIO, L’INTELLIGENZA DEL DESIGN

Quattro persone, quattro creativi, quattro identità diverse insieme per un progetto che si cristallizza dal vero, al vivo, un flusso di energia: un sogno, un’idea e poi un processo fisico. Lavori in cui la dimensione umana resta il metro di misura indiretto, il punto di partenza e di arrivo. E l’adesione alla quotidianità iscrive il qui e ora dentro la vocazione a interpretare la contemporaneità.

L’idea è di essere dove siamo, il presente è già sufficientemente interessante per attirare la nostra attenzione

Né modernisti, né post moderni, né anticipatori di quello che verrà e nemmeno nostalgici di quello che è stato. Due fratelli, Luca e Fabrizio Visconti e i rispettivi compagni di vita Ruben Modigliani e Annalisa Treccani. 

“Il nome Emtivi Studio? Semplicemente le iniziali dei nostri cognomi. E insieme, altrettanto semplicemente, per il legame famigliare che ci lega. Durante le estati trascorse nella casa di famiglia sul lago d’Orta abbiamo iniziato a ragionare sulla seconda metà della nostra vita. E siccome tutti quanti abbiamo una passione per l’arte, lo spettacolo, il design, in generale per quella che potremmo definire la mise en scene, circa tre anni fa abbiamo cominciato a dare concretezza a questo progetto che si fonda su un dato imprescindibile: la nostra passione. Abbiamo tutti un lavoro che ci piace e che ci impegna moltissimo per cui se ci mettiamo a fare dell’altro lo facciamo mossi esclusivamente da passione.”

Un orientamento di massima apertura e adesione alla mutabilità delle idee in esplicita contrapposizione alla rigidità dei confini prestabiliti. Lo spazio del vivere, mutevole perché identitario, diventa il luogo per eccellenza di una progettualità che ambisce a essere completamente su misura.

“Un primo obiettivo è quello di realizzare tappezzerie che soddisfino le esigenze del committente e si accordino con le dimensioni dello spazio, lavorando con una logica di papier peint, quindi con un motivo che non si ripeta mai. Ad oggi le 13 tappezzerie che abbiamo creato sono state pensate più con la funzione di illustrare il nostro gusto, il nostro spirito, che non necessariamente in un’ ottica commerciale. In prospettiva avremo una parte a catalogo che ci piacerebbe sviluppare, ma continueremo in ogni caso a rimanere fedeli a questa logica del custom made.”

New Royals, Rebellion, Oxxxical, sono nomi di tappezzerie ma anche delle rispettive dinamiche concettuali, quasi che a parete si materializzasse un’idea, un frammento di riflessione, un pensiero che esternato libera energia creativa. Ecco allora che le vecchie monete d’oro raffigurano icone contemporanee, non necessariamente personaggi meritevoli di stima ma anche semplicemente quelli che affascinano la moltitudine. O ancora, il frame di un film pornografico viene reso quasi astratto e illeggibile, un retinato molto grosso e colpi di pittura trasformano qualcosa che è per un consumo privato, e di solito nascosto, in qualcosa di collettivo, visibile a tutti e non più riconoscibile.

“Dall’aspetto progettuale del porno alla gestualità della pittura spontanea, da qualcosa di privato a qualcosa di pubblico, da qualcosa di perfettamente leggibile a qualcosa che non si legge più. Da qualcosa che deve suscitare eccitazione erotica a qualcosa che diventa piacere estetico, celebrazione, se vuoi, del gusto per la vita. Ci interessa tantissimo lavorare in questa prospettiva.”

Lo stesso approccio, la presenza multiforme di stimoli e il nomadismo fra elementi, interessa gli altri due ambiti di azione, quello dell’interior design e quello del lighting design che grazie al contributo di Fabrizio Visconti, regista teatrale forte di una consolidata esperienza anche nel settore dell’illuminotecnica, apre nuove e diverse prospettive: l’illuminazione di spazi pubblici, teatrali, espositivi. E a tendere la possibilità di lavorare in contesti più aperti come quello del packaging per esempio nel quale c’è ampio margine per iniziative interessanti anche dal punto di vista della sostenibilità ambientale.

“Il concetto non è che per fare un interior design bisogna necessariamente spendere tanto denaro, l’idea è di avere un progetto e da lì costruire con passione. Pur essendo appassionati di design e pur avendo nelle nostre case pezzi con una loro storia importante come la sedia di Rietveld o prodotti dell’azienda Glas Italia che lavora soltanto vetro e cristallo, e che a nostro avviso fa una ricerca molto interessante, o ancora il divano di Borsani degli anni ‘50, ci piace anche Ikea e ci piacciono persino alcune cose di Leroy Merlin.”

Non un’idea predefinita, bensì tutte le idee e la complicità che le situazioni di volta in volta suggeriscono. Un costruire che non è per forza utile ma è semplicemente un abbellimento, uno svolazzo che piace e attira lo sguardo. Cose che non rientrano necessariamente nel gusto collettivo contemporaneo, non sono minimaliste, non sono massimaliste, a volte sono ironiche e quindi richiedono di andare oltre l’aspetto puramente formale per coglierne il significato profondo.

Il nostro motivo di esistere sta tutto nel desiderio di realizzare un piacere e una gioia estetica muovendo ogni volta da una riflessione incentrata sul committente e sullo spazio. Non ci interessa ossequiare né un obbligo di rigore né una volontà di ostentazione, non siamo né per il minimalismo né per il massimalismo.

“E da un punto di vista ideologico nessuno di noi quattro è sostenitore in maniera aprioristica del Made in Italy, non è che perché è Made in Italy è per forza meglio. Ci sono tante proposte oggi validissime che vengono da Paesi non associati al lusso e credo che la contemporaneità ci imponga di essere onesti e di riconoscere il valore ovunque esso sia. Siamo italiani, viviamo in parte a Parigi, sono due contesti ai quali siamo legatissimi e che a modo nostro interpretiamo, ma detto questo siamo pro Cina, pro India…pro qualsiasi.”

L’esperienza creativa diventa una investigazione dei modi e delle possibilità di inscrivere la relazione estetica fuori da tutte le cornici che la definiscono e in contrapposizione con lo spirito di un’epoca alimentato dalla retorica della accelerazione. I grandi colossi, fautori  dell’idea distorta per la quale si può e si deve consumare di più, hanno indotto molte aziende della fascia lusso o extra lusso a competere con questo stesso tipo di regole. Ma è una visione miope e frustrante. E’ il cattivo marketing e la cattiva domanda che ha come risultante la banalizzazione del prodotto, oltre a non essere nemmeno sostenibile dal punto di vista ecologico.

“Il sistema della moda accelerata si sta trasferendo anche ad altre industrie e così il design, che è sempre stato un mondo in cui si produceva qualcosa quando c’era un effettivo bisogno o quando un designer riusciva a soddisfare un bisogno preesistente in modo più efficace, oggi si confronta con il bisogno di novità e non con una onestà progettuale. Il termine collezioni per esempio, in riferimento al design, è detestabile. Perché l’oggetto di design chiede tempo per essere scoperto, capito, amato. Allo stesso modo la nostra stessa offerta richiederà tempo per avere un suo pubblico, una sua fetta di mercato. Non so se avremo tempo, perché è l’unica cosa che manca agli uomini, però noi vogliamo scommettere su questo tipo di logica.”

Desidero ringraziare per la cortese intervista Luca Visconti e Ruben Modigliani co-fondatori di Emtivi Studio  – sito webFacebookInstagram.

Foto di Silvia Morin

Io indosso una cappa della collezione prêt-à-couture FW/16 di Massimiliano Zumbo

Comments are closed.