GINA PANE DALLE COLLEZIONI ITALIANE

Se apro il mio corpo affinché voi possiate guardarci il vostro sangue, è per amore vostro: l’altro.

E’ per l’altro. E’ per trascendere i confini dell’individualità e dell’autoreferenzialità della propria opera. E’ per fare un’offerta che reca in sé la memoria dell’offerta sacrificale. E’ per amore. E’ per donare. E’ per costruire un legame con la Natura e con gli esseri umani.

Tu. Io. Il coinvolgimento del corpo dell’autore insieme a quello dello spettatore. Il problema del rapporto tra il sé e l’altro. Nodi salienti della pratica performativa e dell’indagine artistica di Gina Pane, indiscussa protagonista della corrente della Body Art, a cui la galleria Osart Gallery di Milano dedica un’importante retrospettiva curata da Valerio Dehò. 

La mostra, che propone una selezione di opere prodotte tra il 1968 e il 1988 provenienti da importanti collezioni italiane, si snoda lungo un percorso in cui le “constatazioni”, sequenze fotografiche che documentano alcune tra le Azioni più celebri di Gina Pane, si accompagnano alle “Partizioni”, installazioni a parete che spesso recano anche parzialmente tracce di opere precedenti delle stesse Azioni.

“C’è sicuramente tutto il sapore di un’epoca in questa esposizione e un riassunto di tutto quello che è stata Gina Pane: un’artista che con il suo linguaggio nuovo e rivoluzionario ha spaccato il mondo dell’arte” dice Andrea Sirio Ortolani proprietario della galleria. “Una mostra importante della quale sono molto soddisfatto, che non si vedeva in Italia da anni. Anche grazie a Anne Marchand, compagna di vita dell’artista, abbiamo trovato un nucleo veramente consistente di opere, tre delle quali sono state esposte in grandi musei come il Mart di Rovereto, il FRAC di Nantes, e la Tate Modern. L’esito è un quadro storico completo che unisce i lavori più conosciuti di Gina Pane a quelli meno noti come le Partizioni.”

In questa personale, che si dipana secondo un ordine cronologico, si incontrano per prime le fotografie realizzate nella Valle dell’ Orco, in provincia di Torino. L’opera dal titolo Pierres déplacées (Pietre spostate) (1968) testimonia una delle prime azioni dell’artista che nel gesto di spostare delle pietre da una esposizione a nord verso sud, dal buio verso la luce, si apre totalmente alla Natura, collocandosi dentro la Madre Terra, prendendone coscienza e maturando la piena consapevolezza di appartenervi. (*1)

Nell’ Azione Sentimentaletenutasi alla Galleria Diagramma di Milano nel 1973, l’artista vestita di bianco, come a evocare l’iconologia della sposa o della vergine, stacca da un bouquet di rose rosse tutte le spine per conficcarle nel suo stesso braccio. Quando le estrae il sangue tinge il vestito bianco di rosso e le rose rosse del bouquet diventano bianche. (*2)

Spine di rose conficcate sotto la carne, lamette, sangue, non alludono a nessun cruore, non è il sangue cantato dalla guerra qui. E’ piuttosto un abbandonarsi alle proprie emozioni, amplificandone la portata, per coinvolgere l’osservatore in un processo simpatetico con azioni che si sono svolte sempre all’interno di determinati limiti della rappresentazione, tenendo una certa distanza dagli spettatori, non ostentando, non provocando, non travalicando mai i confini oltre i quali una relazione tra individui si trasforma in fastidio o in insulto.

Lo sforzo rigoroso, metodico, disciplinato prosegue in tal senso anche nei lavori dei primi anni Settanta, nell’opera Action mélancolique 2x2x2 [Azione Malinconica 2x2x2] (1974) che esplora il territorio della relazione di coppia, i legami collusivi che si creano, la malinconia, il conflitto. Sullo sfondo la ferita auto inflitta all’altezza dell’orecchio allude al famoso gesto disperato di Vincent Van Gogh. Tu: la schiena nuda di una ragazza. Io: Gina Pane. Un cuore disegnato colloca la relazione in uno spazio ascrivibile solo alla forza assoluta del sentimento. (*3)

Nell’ Action Psyché (Essai) [Azione Psiche (Prova)] (1974-75) Gina Pane appare in una sequenza di tre scatti fotografici con gli occhi chiusi e il viso segnato da rivoli di sangue che scorrono dalle palpebre precedentemente tagliate con una lama di rasoio. Un’eleganza esecutiva, anche al cospetto delle fasi più strazianti dell’azione, che allontana il suo linguaggio da quello dell’azionismo viennese che invece mai si sottrae all’estremo, alla provocazione, alla truculenza, allo smembramento. (*4)

L’opera Io mescolo tutto: Cocaina, Frà Angelico testimonia l’azione eseguita il 30 ottobre 1976 presso la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna, la prima in un museo. Mentre due giovani con il volto clownesco si rilanciano una pallina su un tavolo appoggiato al muro, l’artista, servendosi di una lametta o della scheggia di un vetro precedentemente andato in frantumi, si incide sull’avambraccio il disegno di alcuni pezzi di un gioco trovati per terra. Il vetro rotto (impossibile non pensare al Grande Vetro di Duchamp) produce quell’effetto di deflagrazione del quadro nello spazio e nel tempo inglobando così ancora una volta lo spettatore nella pratica artistica. (*5)

A partire dal 1981, per sopraggiunti limiti fisici, in luogo della parola azione compare la parola partizione. Il corpo non c’è più ma c’è l’evocazione del corpo. Il  corpo si è diffuso. Il corpo è assente ma è allo stesso tempo presente attraverso una serie di segni, simboli, rimandi.

Ne L’Homme à la branche verte qui n’avait pas lu les Fleurs du mal – Partition pour une blessure [L’uomo con il ramo verde che non aveva letto i Fiori del Male – Partizione per una ferita] (1982) ancora il concetto di ferita, ancora l’eterna dialettica vita/morte, ancora il sangue come offerta incondizionata di amore verso il prossimo. “L’albero è tagliato perciò diventa qualcosa di morto” dice Gina Pane “ma al suo interno vi sono i cerchi concentrici che continuano la vita.” (*6)

La mostra si chiude con Le Son de F. L’homme indien en prière (version 3) [Il suono di F. L’uomo indiano in preghiera (versione 3)] (1986-88), un’opera che si compone di sette pannelli di rame e di ferro, che recano incisioni di simboli anche di ceppo buddhista o induista, la cui disposizione a “T” evoca la forma della croce. Un modo di vivere l’esperienza religiosa, un desiderio teso a fondare una nuova spiritualità in cui l’arte avrebbe dovuto avere un ruolo determinante. “Non sono atea, dunque sono credente” diceva in un’intervista con Lea Vergine. “Dio per me è qualcosa di molto presente, come un perpetuo interrogarsi, un fluido generatore che è là, e al quale si è confrontati.” (*7)

Un’artista nata a Biarritz, che ha trascorso la gran parte della vita a Parigi e che è considerata a tutti gli effetti un’artista francese. Ma un’artista che ha un fortissimo legame con il nostro Paese” conclude Andrea Sirio Ortolani. “Proprio Milano, per esempio, è la città in cui è stata realizzata una delle sue azioni più importanti, l’Azione Sentimentale. E a Bologna ha avuto luogo per la prima volta la performance Io mescolo tutto. Per non parlare dalla sua affezione per la Valle dell’ Orco. Per tutti questi motivi ritengo fosse importante riportare in Italia, attraverso una mostra, Gina Pane.”

Gina Pane, Azione Sentimentale, azione del 9 novembre 1973 presso Galleria Diagramma, Milano; 16 fotografie b/w, 1 progetto su cartoncino, cm. 20 x 29,5 cad. courtesy of Anne Marchand 

GINA PANE DALLE COLLEZIONI ITALIANE. Opere dal 1968 al 1988

Osart Gallery | Corso Plebisciti 12,  Milano – web siteFacebookInstagram

29 Novembre, 2018 – 23 Febbraio, 2019

Didascalie:

(*1) Gina Pane, Pierres dèplacèes [Pietre spostate], azione del 1968 presso Valle dell’Orco, Torino; sequenza di 8 fotografie a colori, cm. 100 x 260, courtesy of Anne Marchand 

(*2) Gina Pane, Azione Sentimentale, constatazione dell’azione del 9 novembre 1973 presso Galleria Diagramma, Milano; dittico composto da 4 fotografie a colori applicate su cartoncino; cm. 180 x 23,  courtesy of Anna Marchand 

(*3) Gina Pane, Action Mèlancolique 2x2x2 [Azione malinconica 2x2x2), constatazione dell’azione del 8 ottobre 1974 presso Studio Morra, Napoli; 3 fotografie a colori e 1 disegno applicati su cartoncino, cm. 43 x 115, courtesy of Anne Marchand 

(*4) Gina Pane, Action Psyché (Essai), constatazione dell’azione del 24 gennaio 1974 presso Galerie Rodolphe Stadler, Parigi; trittico di fotografie a colori, cm. 30 x 40 cad. courtesy of Anne Marchand 

(*5) Gina Pane, Io mescolo tutto: Cocaina, Frà Angelico, constatazione dell’azione del 30 ottobre 1976 presso Galleria d’Arte Moderna, Bologna; 14 fotografie a colori su cartoncino, cm. 60 x 80, courtesy of Anne Marchand 

(*6) Gina Pane, L’Homme à la branche verte qui n’avait pas lu les Fleurs du mal – Partition pour une blessure [L’uomo con il ramo verde che non aveva letto i Fiori del Male – Partizione per una ferita], 1982; installazione composta da un ceppo di legno, un cono do ferro dipinto, matita colorata su feltro, una fotografia a colori, matita colorata su legno, cm. 170 x 80 x 80, courtesy of Anne Marchand 

(*7) Gina Pane, Le Son de F. L’Homme indien en prière (version 3) [Il suono di F. L’uomo indiano in preghiera (versione 3)], 1986 – 88; installazione a parete composta da 7 elementi (ferro bluastro, ferro elettrozincato, rame), cm. 276 x 191, courtesy of Anne Marchand 

Fonti bibliografiche: 

“Gina Pane dalle collezioni italiane. Opere dal 1968 al 1988” , Saggio critico a cura di Valerio Dehò

“Gina Pane” , a cura di Lea Vergine 

“Arte contemporanea, le ricerche internazionali dalla fine degli anni ’50 ad oggi” , a cura di Francesco Poli

Crediti:

Foto di Gaia Dallera

Io indosso un abito Comme des Garçons (dal mio archivio personale ) e gioielli Elena Brasa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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