LE HEAD SCULPTURES DI GIUSEPPE FATA

Quella di Giuseppe Fata è l’essenza di un creativo custodita dentro i suoi oggetti d’autore: pezzi unici, da collezione, “teste sculture” come le definisce lui stesso dalle linee e strutture scenografiche e spettacolari che rivelano la duplice natura di corpi capo e opere d’arte. Esito del lungo percorso di formazione di una personalità poliedrica che si è fatta conoscere e apprezzare grazie all’originalità e all’esclusività delle sue creazioni.

Francesca Interlenghi: Mi racconti come e quando approdi alla realizzazione delle “teste sculture”?

Giuseppe Fata: Il mio è un percorso iniziato venticinque anni fa nell’ambito della moda, della haute couture in particolare, dove lavoravo in qualità di hair designer. Ho avuto modo di affiancare per lungo tempo Sergio Valente, noto hair stylist di fama internazionale, e con lui ho maturato una grandissima esperienza seguendolo in tutte le sfilate di alta moda sia in Italia che in Francia. Ad un certo punto però, era il 2006, ho sentito il bisogno di creare qualcosa di assolutamente personale, che mi identificasse, che fosse immediatamente riconoscibile. E così ho ripreso in mano il mio sogno che era rimasto per tanto tempo chiuso nel cassetto. La mia prima creazione risale infatti a più di vent’anni fa ma, senza sapere nemmeno io bene il perché, l’avevo messa da parte dicendo a me stesso: un giorno ti riprenderò. Chissà, forse in quel momento non ero ancora pronto.

F: Queste “teste sculture” è come se fossero l’evoluzione, molto sofisticata si intende, delle acconciature che realizzavi. Ci vedo lo stesso filo conduttore, l’elaborazione dello stesso concetto. 

G: Si, l’idea è quella di sviluppare l’acconciatura non più e non solo con i capelli ma utilizzando i materiali più disparati e le forme più ricercate. Ma c’è anche un concetto più profondo che sottende al mio lavoro perché è come se io cercassi di esportare il pensiero e cristallizzarlo in un’opera d’arte, portandolo fuori dalla testa per rendere visibile quello che in realtà non si vede. Sono molti infatti i riferimenti culturali presenti nelle mie sculture, Dante e la Divina Commedia per esempio o Caravaggio o La Gioconda di Leonardo da Vinci.

F: Come si sviluppa il processo di creazione di una “testa scultura”? Fai tutto tu o ti avvali della collaborazione di qualcun altro? E quanto tempo serve per realizzarne una?

G: Mi occupo di tutto io, di tutti gli aspetti inerenti il concept, il design, la ricerca dei materiali e la costruzione fisica dell’opera. Solo in sporadici casi mi faccio aiutare da qualche artigiano di fiducia. Quanto ai tempi sono molto variabili perché dipendono dalla complessità del lavoro che devo andare a fare. Per quest’opera “Vanity Med” che ho presentato in occasione del Festival Europeo FFF come tributo allo stilista Ilian Rachov che ha collaborato per lungo tempo con la Maison Versace ho impiegato venti giorni. Un trionfo di stile barocco, richiami alle stampe di Ilian e il ricordo della medusa tanto cara a Gianni Versace, figura alla quale sono molto legato e che sento, nonostante la prematura scomparsa, ancora molto presente. Ad altre, come ad esempio la “Divinità” che ho presentato in occasione del G7 della Cultura a Firenze, mi ci sono dedicato per un anno intero. Ma accanto a queste creazioni c’è anche una produzione un po’ più semplice, con una connotazione più moda e meno di installazione artistica.

F: Vista dall’esterno la tua è stata una carriera in rapida ascesa, fatta di tanti riconoscimenti, anche in ambito internazionale. Quali sono state le difficoltà?

G: Si è vero, le soddisfazioni sono state tante. Sono particolarmente orgoglioso di essere considerato a Parigi “il genio dell’arte sulla testa”, una città alla quale devo molto e dove nel 2001 ho vinto il prestigioso premio “The Gold Rose Of Paris”. Ma a quelli che dicono che sono stato fortunato io rispondo che il segreto è stato tutto nella mia determinazione e costanza e nella grande voglia di imparare sopratutto da persone più grandi e con più esperienza di me. Poi la passione, importantissima, perché quando fai qualcosa che ami tutto il resto viene da sé e dei sacrifici non ti accorgi nemmeno.

F: Quali sono i progetti ai quali stai lavorando e che vorresti realizzare in questo 2018 appena iniziato?

G: L’anno che si è appena concluso è stato un anno intenso che mi ha regalato tantissime cose: molti viaggi in giro per l’Italia e poi Parigi, la Svizzera, tanti festival del cinema, eventi televisivi in cui hanno sfilato le mie opere. Nel 2018 vorrei concludere il libro fotografico al quale sto lavorando per raccontare gli ultimi mie dieci anni di attività con le “teste sculture” affiancandolo ad una mostra fotografica che includa le collaborazioni più rappresentative come quelle con Chiara Boni, Alviero Martini, Fiorucci e Gai Mattiolo. Vorrei poi continuare a sostenere e promuovere i giovani talenti, come ho sempre fatto, privilegiando le esperienze con loro che saranno il futuro della moda italiana. E infine, una linea di arredo per la casa in stile Giuseppe Fata. Riconoscibile, come tutto quello che creo.

Desidero ringraziare per la cortese intervista Giuseppe Fata – FacebookInstagram 

Modello Sasha Donateli

Foto di Emanuele Novelli 

 

 

 

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