QUI C’E’ POSTO SOLO PER L’UMANO

Non c’è scrittura per me se non c’è l’umano. Quando mi interrogo sul criterio intorno al quale ruota e prende vita questo mio piccolo progetto mi viene in mente sempre e solo l’umano. La materia, lei sola, non mi interessa. Non la so vedere, non le so vedere le cose, tanto meno scrivere. Vedo l’umano che c’è dentro, ecco, quello si, lo vedo bene e lo scrivo di notte quando a farmi luce c’è solo certa luce di empatia. Del resto non so bene cosa farmene e sopratutto non so farne scrittura. E’ come un percorso a ritroso il mio, dalle cose per scoprire le persone, perché le cose se non sono animate dall’amore delle persone restano infine solo cose. Destinate al nulla. E la scrittura non si addice al nulla. La scrittura è adatta solo all’umano. Serve a consegnare l’umano a un tempo infinito. Serve a illudere l’umano che questa finitudine dentro la quale tutto rotola non abbia ad esistere. Ma è solo illusione. Anche se scrivere è tra le più ridicole e patetiche delle illusioni, perché crediamo di fare una cosa importante tracciando linee nere sulla carta bianca, quando invece solo di illusione si tratta. Eppure questo sento di dover fare, non come qualcosa che io mi sia scelta ma come qualcosa che mi è capitato. Scrivere, scrivere, scrivere sempre.

E scrivendo cerco la comprensione, l’intelligenza, la dignità perché non sono soltanto virtù umane ma perché sono qualità che predispongono l’uomo ad essere vigoroso nella feconda creatività della sua anima.

Umana è la comprensione e l’intelligenza dei propri simili. Umano è chi capisce, compatisce, soccorre. Umano chi è cortese. Umane si chiamano le lettere. Umane devono essere anche le arti: l’architettura, l’artigianato, il design, la fotografia, la scrittura, tutto, tutti i talenti perché altrimenti non sarebbero talenti.

Ha ragione Philippe Starck quando dice che è necessario sostituire la bellezza, un concetto culturale, con la bontà, un concetto umanista.

Perché le cose non devono avere un fine a sé stante, devono essere solo un mezzo per tornare alla priorità originaria, l’umanità, il cui criterio fondamentale è l’amore. Quando le cose, siano esse un vestito, un oggetto di design, una immagine fotografica, mi servono, servono a me come persona, quando mi permettono di avvicinarmi alla comprensione del mondo e della realtà, mi aiutano a cercare e forse un po’ anche a trovare la mia strada, ecco che allora riesco a interessarmene. Viceversa no. Non ne sono proprio capace.

Vado cercando anche io persone incerte e perplesse. Persone che facciano cose perché costrette a riflettere, a coltivare la propria incertezza e la propria amarezza e i propri dolori. Non cerco esercizi estetici che si esauriscano nello sterile compiacimento di sé stessi. Per quelli non serve l’umano. Basta un po’ di cultura, forse nemmeno poi tanta. E a me non vien niente da scrivere.

Io sono amico della gente incerta, perplessa, modesta che cerca di capire e che sempre è nello stato di uno che non ha capito. Sono molto amico della gente che ha paura.

Ettore Sottsass, Scritto di notte – Adelphi 2010

La foto di copertina è di Elisabetta Brian 

Il make up di Gaetano Blasa

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