– Société Interludio – AFTERWORK #2

Spazio per l’arte contemporanea, Société Interludio si trova a Torino al piano nobile di un palazzo del primo ‘900 in Piazza Vittorio Veneto. I luoghi espositivi sono fortemente connotati da un pavimento alla veneziana che suggerisce una vita passata di abitazione domestica, adesso a completo servizio delle esigenze richieste dalle arti visive. Intermezzo di altre stanze, porzione di spazio, Société Interludio vuole essere un luogo di intervallo artistico che ogni operatore e/o fruitore si ritaglia dal suo vivere quotidiano per l’attento osservare.

Fondato dalla curatrice Stefania Margiacchi (1990) e dall’artista Paul de Flers (1988) – ora diretto dalla stessa insieme con il poliedrico Alberto Nidola – alterna la programmazione con dei progetti studiati appositamente per presentare gli artisti che in futuro collaboreranno con lo spazio. Per queste edizione di AFTERWORK #2 è stato invitato il giovane pittore Luca Ceccherini (Arezzo, 1993), che dal 16 dicembre 2021 al 13 febbraio 2022 sarà chiamato a riflettere sulla sua produzione proprio negli spazi di Société Interludio, dove il pubblico sarà invitato a un confronto diretto con il suo lavoro in evoluzione.

Société Interludio, Stefania Margiacchi, Ph. Alberto Nidola

Francesca Interlenghi: Vorrei partire dall’inizio, dalla figura di tuo padre, Marsilio Margiacchi, fondatore dell’omonima galleria che ha rappresentato negli anni Ottanta e Novanta artisti del calibro di Luca Pancrazzi, Marco Cingolati, Pierluigi Pusole, tanto per citarne alcuni. Che tipo di influenza ha avuto, questo retaggio, nel tuo percorso professionale?

Stefania Margiacchi: Mi ricordo che già da bambina frequentavo tanto la galleria, trascorrevo lì tutti i sabati, per esempio, e accompagnavo mio padre a tutte le fiere. C’è sempre stata questa prossimità con l’arte. Poi, quando nel 2001 mio padre ha chiuso la galleria, i nostri rapporti si sono incrinati e per una serie di vicende personali ci siamo allontanati per moltissimo tempo. Ma l’arte contemporanea è sempre stato il registro linguistico che mi ha permesso di comunicare con lui, è sempre stato un modo per avere un linguaggio comune. Quindi, il primo passo per recuperare il nostro rapporto è stato proprio andare a fare la stessa cosa che faceva lui: la gallerista. E per quanto inizialmente fosse contrario, dopo aver visto la mia convinzione e tutti i sacrifici che ero disposta a fare per inseguire il mio sogno, ha iniziato ad aiutarmi.

Société Interludio, Stefania Margiacchi, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Puoi raccontarmi la genesi di Société Interludio? Come nasce questo progetto?

Stefania: Era un’idea che avevamo latente, già quando vivevamo a Siena, sia io che il co-fondatore Paul de Flers. Ma a Siena, come in tutto il centro Italia del resto, l’arte contemporanea ha sempre fatto fatica ad attecchire. Ecco quindi il proposito di trasferirci a Torino, città che ci piaceva e che ritenevamo adatta a un progetto del genere. Quando abbiamo cercato casa, abbiamo cercato uno spazio espositivo in realtà. E quando abbiamo trovato questo non lo abbiamo mai arredato, certi che avremmo utilizzato il salone e il corridoio centrale per allestire delle mostre. Tutto, compreso la programmazione artistica, è avvenuto in naturalezza. La pittura era il linguaggio più consono ad entrambi e con quella abbiamo incominciato. Del resto, io vivo di pittura da quando sono nata e dal canto suo Paul è un pittore egli stesso. Lui più attratto dall’arte naïf e brut, io più affascinata da quella di stampo minimal-concettuale. Ma il nostro punto di incontro è stata la pittura e non è un caso che le colonne portanti della galleria siano tutti artisti pittori. Ma questo lo considero un punto di partenza, non di arrivo. In futuro ci piacerebbe sviluppare anche altri media, cosa che faremo con la mostra in programma ad aprile 2022 in cui esporremo due artisti – Marco Schiavone e Giovanna Repetto – che utilizzano la fotografia in modi completamente diversi: uno attraverso un’immagine che non è riproducibile, come se fosse un quadro, e l’altra attraverso video e installazioni. Quello che immagino è un’evoluzione naturale, non forzata. Vogliamo che le cose vengano in maniera molto naturale.

Société Interludio, Stefania Margiacchi, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Société Interludio nasce con una cifra marcatamente distintiva, difficile attribuire un’etichetta a questo progetto che è innanzitutto un luogo aperto alla riflessione oltre che all’esposizione. Quali le sue peculiarità?

Stefania: Il progetto è nato, e lo è tutt’ora, ibrido perché è vero che si tratta di una home gallery, ma è anche uno spazio di ricerca, di condivisione, di dialogo con artisti e curatori e amanti dell’arte. Non vige quel modus operandi mercantile – passami il termine – ma tutto viene costruito con forte attenzione alla ricerca e ai concetti che da quella ricerca emergono. Per questo credo che parlare di home gallery sia in qualche modo riduttivo. Perché è veramente un progetto ibrido che tocca tutte le linee tangenti dell’arte contemporanea. Ibrido anche nel modo di accogliere gli artisti, che sono invitati qui in residenza-studio per un periodo. Allora lo spazio si trasforma nel loro spazio di lavoro ma anche di vita, dato che qui vivono fisicamente. Société Interludio in fondo vuol dire anche casa, significa condivisione.

Société Interludio, Luca Ceccherini, Afterwork #2, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Proprio sulla scorta di queste considerazioni, accanto alla programmazione di mostre, sono previsti questi momenti di Interludio, detti Afterwork, in cui appunto la galleria si trasforma nello studio dell’artista. 

Stefania: E’ come una parentesi dentro una parentesi, un momento che si concretizza tra una mostra e l’altra. Mi piace immaginare Interludio come se fosse una subordinata all’interno di un periodo lungo, quasi a riprendere il gioco dei segni di interpunzione – i trattini – che abbiamo utilizzato per il logo. E questa è come se fosse una parentesi all’interno dei due trattini. Il primo progetto lo abbiamo realizzato nel 2019, tra una mostra e un’altra, con Davide Sgambaro. E adesso è invece il momento di Luca Ceccherini. Non facciamo altro che mettere a disposizione dell’artista lo spazio e il nostro network di relazioni per organizzare studio visit con curatori, collezionisti, artisti, persone che gravitano nel mondo dell’arte. L’artista inizia un dialogo con lo spazio espositivo, che culminerà poi nel momento della mostra vera e propria. Conoscere lo spazio dà anche ai lavori un’energia diversa, specie per  un pittore che si trova a dipingere con questa luce: i quadri prendono una forma completamente diversa. Durante il Covid era un progetto troppo difficile da replicare, anche per le questioni di sicurezza, e quindi lo riproponiamo oggi sperando che possa diventare una costante all’interno di Société Interludio.

Société Interludio, Stefania Margiacchi e Luca Ceccherini, Afterwork #2, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Quali sono le ragioni per cui ti sei avvicinata al lavoro di Luca Ceccherini? Cosa ti ha attratto della sua poetica?

Stefania: Per il lavoro di Luca ho sentito una vibrazione speciale. Mi ricordo che, quando ho visitato il suo studio, ho trascorso i giorni successivi a ripensare a quello che avevo visto. Questa cosa mi ha turbata, perché era tanto tempo che non mi accadeva. Quando sono ritornata da lui, dopo qualche mese, ho deciso di iniziare a collaborare. Una scelta istintiva, cosa che faccio di rado, e non so ancora dire se è stato per il modo in cui dipinge, la pennellata sulla tela, la sua tavolozza o i soggetti. So solo che c’erano queste immagini che ritornavano ossessivamente nella mente.

Société Interludio, Luca Ceccherini, Afterwork #2, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Ti sei formato come pittore all’Accademia di Firenze e poi a quella di Venezia e pur essendo molto giovane hai già una serie di mostre all’attivo. puoi parlarmi del tuo percorso artistico? 

Luca Ceccherini: Ho iniziato con la pittura come mezzo di espressione e me ne sono innamorato. Merito di un docente, Adriano Bimbi, che mi ha dato questa sorta di folgorazione. Non dormivo la notte per andare a dipingere. Sono nato come pittore stando proprio nel paesaggio, dipingendo il paesaggio dal vero e soffrendo molto perché da quello non ci ricavavo nulla. Mi soffermavo su cose che erano paesaggistiche, ma non lo erano nel mio concetto di pittura. All’epoca avevo molte difficoltà. Ora, secondo me, il mio modo di lavorare deriva da quell’imprinting: il gatto, il fiore, l’assenza della figura umana – quando compare è assolutamente di contorno – sono tutti elementi che trovano in quel retaggio il loro fondamento. C’è anche da considerare che vengo da un piccolissimo paese di montagna, sono cresciuto nel bosco, quello vero, toscano. Perciò porto con me questo bagaglio che è totalmente paesaggistico. Ma è un paesaggio strano, frontale, la mia non è la Toscana senese; è una valle chiusa tra due montagne e il paesaggio è tutto bosco finché non si esce allo scoperto. Era un dramma per me. D’estate andavo a dipingere e finivo sempre con questi due alberi davanti, a chiedermi dove fosse il paesaggio. Non lo trovavo. Ma a livello strutturale, di come poi si compone il mio quadro, c’è sempre un soggetto in primo piano, quasi fosse spalmato, che perde la connotazione di soggetto e diventa un tutt’uno con la tela. L’idea di una sorta di pellicola visiva in cui il soggetto si confonde, proprio come se fosse un groviglio di alberi che non permette di vedere oltre. Trasferendomi a Venezia, e successivamente qui a Torino, ho iniziato a pormi delle domande sul mio lavoro e oggi credo di poter dire che esso sia proprio il frutto di dove sono cresciuto, delle cose che ho visto fin da piccolo e di come funziona il mio occhio in base ai ricordi.

Société Interludio, Luca Ceccherini, Afterwork #2, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Quali sono i tratti salienti della tua pittura? Come descriveresti il tuo approccio?

Luca: La pittura per me resta sempre una sorta di limbo, vorrei fosse proprio una stasi tra il figurativo e non figurativo, tra disegno e non disegno, come se fosse lì che trema. La mia, richiede tempi di osservazione un po’ più lunghi, perché è una pittura non finita. Nella misura in cui il finito comporta sempre un simbolo e il simbolo ha implicazioni letterarie o ideologiche che io non ricerco. Quando dipingo voglio parlare di pittura generalmente e quando parlo di pittura intendo questo limbo. Ma per ottenerlo, il quadro deve essere abbastanza forte da costringere lo spettatore a rimanere lì, a contemplarlo. Si tratta quindi di cercare di trattenere chi osserva, me per primo. Se il quadro non trattiene me allora certamente non funziona. Per quanto concerne il colore, potrei dire che ho le mie comfort zone che provo a vietarmi alle volte ma, inspiegabilmente, anche se elimino i miei colori dalla tavolozza, anche quelli che potrebbero sostituirli, in qualche modo tornano sempre. Ora mi sono arreso a questa circostanza, ma in certi momenti senza volerlo usciva il viola dappertutto. Il mio è proprio un lavoro di pittura e disegno. Lo sketch è un elemento a sé stante, se realizzo quello poi non realizzo più il quadro perché generalmente ritengo buono il disegno. Inizio disegnando, ma lo faccio con il pennello, e quando c’è da chiudere l’immagine mi accorgo che raramente dipingo nel senso di pittura, piuttosto muovo il pennello come una matita.

Société Interludio, Stefania Margiacchi e Luca Ceccherini, Afterwork #2, Ph. Alberto Nidola

Francesca: Hai già idea di quello che realizzerai durante questa permanenza? In che modo lavorerai ad Afterwork #2?

Luca: Ho il mio magazzino di immagini a cui attingere. Resterò sul filone della caccia e altri temi ricorrenti, come le miniature medievali e i quadri antichi, ma cercherò di fare un lavoro in parte diverso. A me diverte il rifermento a un tema – un gatto che mangia un uccellino in un giardino per esempio – però non deve essere quello. Deve essere un quadro, ed è diversa come cosa. Che il dipinto contenga un tema va bene, ma deve essere figurazione di quello, non immagine di quello e nemmeno simbolo. Per concludere, questa sarà un’occasione importante per me, non solo per lo scambio umano che si verrà a creare con la gallerista ma anche perché in questo modo, instaurando un confronto costruttivo, lei avrà la possibilità di conoscere da vicino il mio processo creativo.

Société Interludio, Stefania Margiacchi e Luca Ceccherini, Afterwork #2, Ph. Alberto Nidola

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Luca Ceccherini | Afterwork #2

16 dicembre 2021 – 13 febbraio 2022

Foto: Alberto Nidola

Io e Stefania indossiamo: abiti bianchi Maatroom, abiti colorati Maison Fou

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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