GIAMPAOLO RUSSO, FARE PITTURA

Quella di Giampaolo Russo (Zurigo, 1974) è una una pittura spessa e tonale che insiste sulle persone, le figure attorno a sé, come momento di indagine stilistica e come momento di interrogazione su di sé e sull’altro. I valori figurativi emergono dalla stesa di masse cromatiche senza contorni definiti, cristallizzate con senso splendido e tragico del segno e del colore. Il senso di una pratica che, pur nel suo processo evolutivo, non ha mai smesso di guardare alla tradizione realista.

Trascorsi i primissimi mesi di vita a Zurigo con la madre, che lì vi lavorava, “in una Svizzera inospitale ed ermeticamente chiusa all’altro dove a quei tempi noi italiani eravamo trattati come gli ultimi”, cresce con i nonni a Castrignano de’ Greci (LE). Studia pittura a Milano, all’Accademia di Belle Arti di Brera, “mi sono formato con Natale Addamiano, che mi ha insegnato a guardare; ed era quello che mi interessava”. E successivamente consegue un Master in Art Education a Zurigo alla Zürcher Hochschule der Künste.

 © Gimpaolo Russo, Willi, 2020/21, olio su tela, 80x70 cm., Courtesy the artist

© Giampaolo Russo, Willi, 2020/21, Olio su tela, 80 x 70 cm, Courtesy the artist

Francesca Interlenghi: Ti esprimi fin da subito con una chiara impronta figurativa, che nulla concede alle lusinghe dell’astrattismo. Con ritratti materici, densi, dai cui occhi trasuda certa malinconia, un retrogusto amaro rispetto alla percezione della vita. Quali le influenze e le suggestioni, anche visive, che hanno concorso a determinare la tua poetica?

Giampaolo Russo: Ci sono certamente i luoghi della giovinezza, che entrano nei miei dipinti, la natura del resto è sempre stata il mio punto di partenza. E le suggestioni del sud, di Lecce in particolare, quella luce che solo certi luoghi dell’Italia sanno regalare. Parlo del sud e mi riferisco ovviamente anche alla tradizione cattolica di cui è impregnato, alle rappresentazioni nelle chiese, con cui si è subito messi a confronto, insieme a un certo gusto del kitsch. In famiglia, mio nonno era un falegname e solo dopo la sua morte ho scoperto una serie di disegni di mobili decorati, più simili a sculture che a prodotti dell’artigianato. Non avevamo molti libri d`arte nella casa dei miei nonni, qualcuno sul rinascimento e qualche piccolo fascicolo sulla pittura giapponese. Ma è da questo che ho iniziato, copiando i personaggi ritratti da artisti come Utagawa Hiroshige o Kitagawa Utamaro, o quelli che vedevo nei manga, le figure femminili dei cartoni animati in voga negli anni Ottanta.

 © Gimpaolo Russo, Vista sui tetti, Castrignano, 2018/18, olio su tavola, 30 x 25 cm., Courtesy the artist

© Giampaolo Russo, Vista sui tetti, Castrignano, 2018/18, Olio su tavola, 30 x 25 cm, Courtesy the artist

Francesca: Alla fine del 2000 ritorni a Zurigo e lì ti stabilisci definitivamente. In una città che non ha propriamente una vocazione pittorica e in un momento storico in cui, forse ancor meno di adesso, questo medium pareva essersi spostato dalla sfera di interesse del mercato e della critica. 

Giampaolo: A Zurigo la tradizione viene dall’industria e la scuola d’arte nasce come scuola di arte applicata. Una città improntata al concettualismo, importante per la grafica e la fotografia, ma certamente non per la pittura che, dato il retaggio culturale protestante calvinista, non vanta alcuna tradizione figurativa. Nel corso degli anni si è cominciato poi a parlare molto, specie nelle scuole di Zurigo, Ginevra o Losanna, di trans-disciplinarietà. Termine perfino abusato e che rende bene l’idea di quanto un pittore “puro” sia considerato un conservatore e quindi per nulla interessante. A questo si aggiunge il fenomeno della globalizzazione, che ha portato la pittura a essere totalmente dimenticata. Per soddisfare la domanda di mercato, molti galleristi qui in Svizzera hanno preferito assecondare tendenze provenienti dall’America o dalla Germania, eppure città come Lipsia, Berlino, Londra, ma anche Colonia o Dusseldorf, hanno una forte tradizione pittorica che viene trattata in maniera equa. Mi è stato chiaro fin da subito che, se avessi voluto proseguire per la mia strada, avrei dovuto organizzarmi da solo, parallelamente alle istituzioni ufficiali della città.

 © Gimpaolo Russo, Vista dallo studio, 2020/21, olio su tela, 42 x 47 cm., Courtesy the artist

© Giampaolo Russo, Vista dallo studio, 2020/21, Olio su tela, 42 x 47 cm, Courtesy the artist

Francesca: Ma veniamo a quel tragico maggio del 2012 quando un incendio, scoppiato nel Centro Culturale Rote Fabrik, ha distrutto il tuo studio e con esso le opere di rilievo di più di un decennio di lavoro. Da quel momento, un progressivo incupirsi della tua pittura. L’uso del nero indice di uno stato psicologico, testimonianza di un’irrequietudine interiore. Colore e luce si mescolano in un impasto nuovo, più denso e materico, che sottolinea ancor di più i volumi anatomici con effetto plastico.

Giampaolo: E’ stata un’esperienza bruttissima, all’improvviso non avevo più niente. All’indomani dell’incendio, ho continuato a sentire quella frase degli investigatori che ripetevano: brancolare nel buio. Un’espressione che descrive bene il mio processo artistico. Da quando il fuoco ha spento molti anni del mio lavoro in un colpo solo, lasciando un vuoto immenso, ho cercato una base per qualcosa di nuovo. E’ lì che ho iniziato a oscurare tutto per cercare le linee essenziali che compongono i mie lavori. Non dipingevo così all’inizio, erano più piatti i miei quadri. Ma poi ho sentito il bisogno di partire dal nero, dal carboncino nero, per tracciare la figura, riscontrando di poter trarre più presenza dalla persona che avevo di fronte creando questi livelli, queste stratificazioni di pittura. L’intensità dei miei quadri deriva da questo modo lento di dipingere.

© Giampaolo Russo, Willi 2, 2020, carboncino su carta, 56 x 42 cm., Courtesy the artist

© Giampaolo Russo, Willi 2, 2020, Carboncino su carta, 56 x 42 cm, Courtesy the artist

Francesca: Vorrei tornare all’aspirazione di cui dicevi poc’anzi, di svolgere un’attività parallela a quella delle istituzioni cittadine. Puoi parlarmi del Salon der Gegenwart (Salone del Contemporaneo), la cooperativa di artisti per la promozione della pittura figurativa che hai fondato nel 2014? 

Giampaolo: Nato per mano mia e di altri di pittori tra cui Eran Richter, Corinne Gudemann, Andrea Muheim e Bendicht Fivian, venuto a mancare purtroppo due anni fa, il gruppo si è allargato sempre di più riscuotendo consensi di pubblico e critica. Abbiamo all’attivo cinque mostre realizzate nell’arco temporale di sei anni. Era il 1865 a Parigi quando gli artisti respinti dal salone ufficiale, organizzato dalla burocrazia culturale francese dal 1788, si unirono e imposero un cambio di rotta. Questo “Salon des Refusés” divenne il modello per i saloni di pittura contemporanea che presto si tennero altrove, penso soprattutto ai saloni degli impressionisti. Sulla scorta di quello e tanti altri esempi di cui è costellata la storia dell’arte, Il “Salon der Gegenwart” vuol essere un esempio di come gli artisti possono organizzarsi indipendentemente dalle istituzioni ufficiali rendendosi visibili al grande pubblico. La Svizzera, negli ultimi trent’anni, si è fatta notare a livello internazionale soprattutto grazie all’arte concettuale, alla performance e la video arte. I pittori e le pittrici sono raramente sotto i riflettori e questa vuol essere un’opportunità, anche per i giovani emergenti, di esibire il loro lavoro in uno spazio aperto al pubblico.

C’è l’imminente collettiva in programma al Museo Helmhaus di Zurigo, il prossimo aprile 2022, come occasione per riconciliarsi con un’idea classica della pittura. Cose figurative: un volto o un paesaggio che si riempiono di caratteri nuovi attraverso la pittura. Cose figurative dicevo, che l’opera immobilizza, provando e riprovando, mescolando il ritmo della vita con ciò che emerge dal fondo sconosciuto dell’esistenza.

© Giampaolo Russo, Nicola, 2020/21, olio su tela, 56 x 45 cm, Courtesy the artist

© Giampaolo Russo, Nicola, 2020/21, Olio su tela, 56 x 45 cm, Courtesy the artist
Cover story:  © Giampaolo Russo, Eveline, 2013/14, Olio su tela, 60 x 75 cm, Courtesy the artist

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Giampaolo Russo, web siteLinkedIn

Prossimo appuntamento: “Salon der Gegenwart” – Zurigo, Museo Helmhaus

Vernissage giovedi 28 aprile 2022  – la mostra durerà fino al 19 giugno 2022

 

 

 

 

 

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