LE COSE CHE SI CHIAMANO CLOTILDE

Immagina. Un sole appena ricoperto di nuvole sfrangiate. E un mare tutto rivestito del cielo del mattino. Un pesce colorato di un azzurro trasparente. In lontananza, un lieve rintocco di campane si mischia al cigolio di un’altalena. Aria di felice noncuranza qui. E ardente fierezza delle cose umane, di una impresa amorosa in cui le parole corrispondono esattamente alle cose. Le cose che si chiamano Clotilde.

Andavamo a scovare dai cenciaioli di Prato i capi un po’ più interessanti, li smontavamo e li riadattavamo, abiti da bambini degli anni ’50 che trasformavamo in abiti da donna. Assolutamente per gioco, ognuna lavorando a casa propria senza regole e senza nessuna idea del futuro, solo con la voglia di provarci. Un bel giorno quei vestiti li abbiamo messi dentro una valigia e ci siamo presentate direttamente ai negozi che ci interessavano per vedere che effetto facevano. E siccome da subito abbiamo avuto un certo riscontro abbiamo deciso di tentare questa avventura.”

La passione per la stoffa da mettere addosso riempie da sempre la vita di Costanza Turchi e Silvia Bartolini e da sempre accompagna, in maniera naturale, quasi a declinarla, la formazione artistica di entrambe. E’ stata prima la pittura, poi un luogo dove incontrarsi fra artisti e dopo ancora un piccolo spazio nel centro di Prato dove realizzare quasi esclusivamente pezzi unici. Con il passare del tempo, l’aumentare della richiesta e grazie alla possibilità di partecipare a una fiera in Giappone, l’esigenza di dare vita a vere e proprie collezioni, fatte anche di capi ripetibili.

“Ma ciò nonostante il nostro amore per i pezzi unici rimane intatto e tutt’ora lo portiamo avanti perché ci aiuta nella sperimentazione. Noi la chiamiamo la scatola delle idee, uno spazio in cui settimanalmente continuiamo a sperimentare senza sottostare a regole perché le regole della sartoria portano a una chiusura che davvero non ci assomiglia. Tant’è che l’ispirazione viene dal cinema, dall’arte, dal teatro, dalla musica, non dalla moda in sé. E’ tutt’altro quello che ci fa poi innamorare! E in ogni collezione c’è un po’ del percorso della vita che abbiamo fatto. Siamo noi, le nostre storie, le nostre personalità rappresentate nei capi che creiamo.”

“Ho perso il filo” quando Costanza rimane incinta e segue un attimo di smarrimento per Silvia. “Volevo solo vedere dove era il giardino” quando si decide che il luogo di lavoro debba avere uno spazio esterno per guardare il cielo o semplicemente rilassarsi. “Prove di volo” quando il sogno ambisce al gioco e al volo delle rondini. “Adagio” quando serve il tempo giusto per viversi gli attimi di vita e la loro essenza. Come se ad ogni momento creativo corrispondesse un tassello del microcosmo poetico dell’esistenza.

“Non c’è niente che passi più di moda della moda ecco perché cerchiamo di starne il più fuori possibile. Questo non significa non presentare ogni stagione qualcosa di nuovo, ma siamo noi le prime a pescare i capi delle collezioni passate e apprezzarne comunque la bellezza. Ci piace che le nostre siano creazioni quasi senza tempo, è un concetto forte e imprescindibile dal nostro modo di lavorare. Nel mondo del consumo folle il fatto di avere dei clienti che ci raccontano che qualcosa di nostro, comprato magari dieci anni prima, è ancora nel loro armadio ci rende felici perché significa che quel pezzo ha acquistato un valore in più dato dall’essere parte della vita della persona.”

Abiti longevi insieme a trasformabiti che mutano di struttura e funzione. Che, lasciati alla più libera delle interpretazioni personali, possono essere indossati nei modi più diversi giocando con volumi, lunghezze e linee e perfino con il dritto e il rovescio.

“Desideri per il futuro? Semplicemente portare avanti questo nostro progetto di moda intesa come libertà, come ironia anche del vestire senza dover essere necessariamente tra-vestiti o mascherati. E ci piacerebbe che continuasse a essere un progetto abbastanza fruibile da tutti perché il concetto dell’esclusività, dell’essere qualcuno in funzione della cosa che si possiede, non ci appartiene per niente!”

Immagina. I tuoni e i primi scrosci della pioggia. E un mare in cui infuria il sale. Un rigurgito di aria prima della tempesta. In lontananza, onde frantumate e riflessi di cristalli. E ancora la stessa ardente fierezza delle cose umane, di una impresa amorosa in cui le parole corrispondono esattamente alle cose. Le cose che si chiamano Clotilde.

Desidero ringraziare per la cortese intervista Costanza Turchi e Silvia Bartolini fondatrici di Clotilde, web siteFacebookInstagram

Foto di Nicoletta Subitoni  

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