SENZA FILTRO, UNO SPETTACOLO PER ALDA MERINI

Un amore grande. Grandissimo. Quello per la vita. Perché la più bella cosa è stata la mia vita diceva lei. Un amore scomodo, pericoloso quasi. Così difficile da decifrare che è stato necessario alzare muri per contenerlo, far scendere una nebbia fitta per nasconderlo. Lei era troppo. Troppo viva.

Raccontare Alda Merini significava saper raccontare come affrontare in modo pieno l’esistenza al di là delle difficoltà. Era un modo di prendere anche un po’ esempio da lei. Perché se è vero che la poesia è stata l’espressione del suo contatto con le pulsioni più estreme o più alte è vero anche che c’è stata la sua capacità di vivere nel mondo reale. Ed è stata molto più forte di quanto si possa credere. Proprio questa necessità del mondo reale nella vita è stata per noi la guida.”

La Compagnia Teatrale Eccentrici Dadarò racconta, al Teatro Libero di Milano, Alda Merini attraverso le voci degli angeli custodi della sua memoria. E’ la notte dopo, il momento in cui viene rotta la presenza di Alda sulla Terra. E intorno alla fissità di pochi elementi: una macchina da scrivere, un tavolino, due sedie, tutto pare sconvolto, in preda al caos. Le sedie spezzate, come divise a metà. L’una prende il volo e l’altra cade a terra. L’una parte insieme a Alda, l’altra rimane ancorata quaggiù. In un ipotetico bar Charlie, in cui la tappezzeria sembra essere fatta di fogli, gli appunti che l’Angelo Custode ha preso per tutta la vita sono come esplosi e solo il finale saprà mettere ordine tra gli scritti. Ordine tra le cose.

“Volevamo fare un vero omaggio d’amore nei confronti di colei che non è stata solo una grandissima poetessa ma anche un essere umano speciale. Siamo partiti dalla vita, dagli amici, quelli del bar Charlie ma anche Arnoldo Mondadori che parla di un rapporto quasi mistico con la poesia, una relazione per certi versi magica. E Alberto Casiraghi fondatore di PulcinoElefante Edizioni, il fotografo Giuliano Grittini e poi i negozianti perché c’è tanto ancora di Alda sui navigli. Incontrare le persone, scoprire i luoghi, ci ha fatto trovare il filo conduttore di una amore estremo, quello di Alda, e ci ha fatto comprendere le cose in un altro modo, ha prodotto come un cambio di visione. Per quello abbiamo messo in scena il personaggio del suo Angelo Custode che sempre l’ha seguita prendendo appunti. Uno spettacolo che nasce in una maniera molto spontanea, per esperienza diretta si potrebbe dire. Lavorare sul testo teatrale è una cosa che ha a che fare col modo di attraversare un certo tipo di letteratura, ma nel caso di Alda, al di là della sua scrittura, c’era l’esperienza viva delle persone che l’avevano conosciuta ed è stata la grande avventura di questo lavoro. L’avventura più bella accorgersi di come dalle parole di quelli che l’avevano conosciuta e vissuta uscisse incontenibile un innamoramento pieno, completo, vedere che a un certo punto gli cambiavano gli occhi. Questo elemento è poi diventato la spina dorsale di uno spettacolo rispetto al quale siamo partiti nudi e che poi, a un certo punto, si è fatto da solo. E che non ha soltanto il valore di un lavoro messo in scena, ma è anche e soprattutto un’esperienza di vita, un viaggio talmente bello che era impossibile non condividerlo.”

Una poetica, quella degli Eccentrici Dadarò, che ama la contaminazione dei linguaggi e che ha una fortissima radice fisica.

Quello che dici è appena l’accenno di quello che vuoi dire. Devi raccontare in tanti altri modi, ecco allora l’uso del corpo, della luce, della musica anche dal vivo. Devi creare degli spazi che sono la reale comunicazione che arriva empiricamente allo spettatore.Una delle determinanti del nostro lavoro credo che sia la ricerca di empatia col pubblico ed è una ricerca complessa perché va al di là del codice. Cerchiamo il contatto senza passare da un codice che può essere rigido o noto e che allora semplifica la via. Cerchiamo una chiave d’accesso alla comunicazione diretta e spesso nel farlo risultiamo spiazzanti.”

Il tentativo è anche qui, in sintonia con tutto il lavoro della Compagnia, di uscire da schemi noti e codici immediatamente decifrabili. Di lasciarsi alle spalle certi manierismi buoni solo a mettere in ordine le incertezze di chi assiste allo spettacolo. Prendere direzione opposta rispetto alla debolezza del pensiero codificato, che tanto ama attribuire etichette, significava raccontare Alda Merini da un’altra prospettiva, raccontare la vastità della sua umanità aggirando la facile e fin troppo rassicurante definizione di poetessa pazza. Perché se fosse stata realmente solo il manicomio di lei avremmo perso le tracce molto tempo fa. Invece questa comunicazione diretta e empatica ci restituisce, struggente e magica al contempo, la vita di Alda Merini in tutta la sua pienezza: l’incapacità di comprendere e di essere compresi, la solitudine e la paura per il mondo che c’è fuori. Eppure, nonostante tutto, un meraviglioso inno alla vita e alla forza del sentire. La forza di essere diversa. Di dire l’altra verità.

Desidero ringraziare per la cortese intervista Fabrizio Visconti e Rossella Rapisarda al Teatro Libero di Milano (www.teatrolibero.it) con Senza filtro – Uno spettacolo per Alda Merini fino al 9 novembre 2015. Regia di Fabrizio Visconti, con Rossella Rapisarda, musiche dal vivo Marco Pagani, scene Marco Muzzolon, costumi Mirella Salvischiani, progetto luci Fabrizio Visconti, produzione Eccentrici Dadarò (glieccentricidadaro.com).

Foto di Angelo Redaelli

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