STEFANIA SAMMARRO, ART FABRIQUE

Eleganza e abbandono, la dimensione sospesa del sogno, il corpo inconscio della figura femminile a creare un nuovo genere di realtà che evoca l’onirico, l’anti-materico, l’etereo. E ancora, armonia estetica e toni romantici, immagini delicate e intime come possedute dallo sguardo interiore dell’artista.

La fotografia di Stefania Sammarro ha varcato le soglie del Museo del Presente di Rende non soltanto con la mostra “Rise”, curata da Roberto Sottile, ma anche con l’intero suo progetto Art Fabrique che per giorni, proprio negli spazi museali, è stato il motore propulsivo di workshop, esposizioni, installazioni e mostre.

La factory, nata in seguito alla pubblicazione del libro fotografico di Stefania dal titolo“Oblivion” che evidenzia i legami tra moda e territorio, si pone come obiettivi l’ideazione, la realizzazione e la diffusione della cultura visiva. Una vera e propria officina creativa in cui moda, arte contemporanea e performance dialogano reciprocamente e che ambisce a diventare un punto di riferimento importante per i giovani talenti del territorio calabrese attraverso la promozione di una serie di attività trasversali che si svolgeranno non soltanto nella galleria Ania Lilith Gallery, a Taverna di Montalto Uffugo (CS), ma anche in tutto il territorio nazionale e che verranno poi condivise in un catalogo cartaceo e on line.

Rise, il titolo della mostra: a significare la parabola ascendente di queste donne che si sollevano e guardano verso l’alto diventando così artefici del loro stesso destino di bellezza.

Sono fiera di questo progetto” dice Stefania Sammarro “perché è unico in Calabria, non esisteva prima e con Art Fabrique gli abbiamo dato una forma. Abbiamo istituito un connubio tra moda e fotografia intesa come arte contemporanea, e perciò legittimata ad abitare gli spazi di un museo, avvalendoci di una serie di figure professionali che hanno portato la loro visione oltre che il loro contributo: fotografi, stilisti, truccatori, illustratori.”

Un percorso fotografico che si è intrecciato con l’esperienza di altri fashion designers ospiti dell’evento conclusivo tenutosi lo scorso 14 marzo. Un défile – no pose in cui le modelle, colte immobili come statue e in atteggiamento quasi ieratico, interpretavano le creazioni di Elle Venturini, Massimiliano Zumbo, Dimitar Dradi e Fedra Couture. Oltre a uno spazio dedicato agli stilisti del territorio come Enrica B. Vadalà, Ben Talarico e Annalaura Carfa, all’artista e designer Luigia Granata e al vintage di Vintage Star.

In scena uno spettacolo sorprendente e affascinante frutto di un progetto in singolare equilibrio tra ragione e sentimento, tra metodo e slancio. Frutto della forza del desiderio, della fascinazione e dell’emozione di tutti gli attori coinvolti.

Relazioni altre, mescolanza tra discipline, emancipazione intellettuale e culturale, la bellezza di un impegno anticonformistico. Stefania riesce a instaurare un dialogo costruttivo tra realtà diverse, intrecciando anche gli opposti – penso alla visionaria Elle Venturini a suo agio con la più tradizionale couture di Fedra o al concettuale Massimiliano Zumbo in accordo con l’eclettismo di Luigia Granata – costruendo un universo di afferrabile quotidianità. Una forma compiuta che vive dell’energia del domani.

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