C.O.R.P.O.

Si conclude oggi l’ottava edizione di Affordable Art Fair, la fiera d’arte contemporanea informale e fuori dagli schemi diventata momento di incontro e confronto tra tutti coloro che, al di là di ogni possibile etichetta, ambiscono a definirsi semplicemente appassionati di arte. Dal 26 al 28 gennaio 2018 ottantacinque gallerie internazionali presentano a Milano al Superstudio Più una cospicua selezione di opere il cui filo conduttore si legge nel tema scelto per quest’anno “Living with art”, a significare proprio il senso del vivere l’arte nella quotidianità di tutti i giorni.

Nella sezione Young Talents spicca una esposizione di lastre al collodio intitolata C.O.R.P.O. e realizzata dal collettivo fotografico romano Pigments. Un ensemble nato dal desiderio di riscoprire le antiche tecniche di stampa: il collodio, la cianotipia, la calltipia e la stampa analogica in bianco e nero. Un modo non solo per rivendicarne il valore artistico ma anche per estendere e tramandare queste tecniche in un’epoca segnata sempre più dalla diffusione massiccia del digitale.

Al centro della mostra una riflessione sullo spazio urbano, i suoi cambiamenti e le sue vicissitudini, e il rapporto con i suoi abitanti. Spazio urbano inteso come spazio della vita, spazio di una relazione che non può esimersi dal confronto con gli scarti e le rovine del progresso, con gli edifici dismessi quale esito della speculazione e dell’abuso edilizio, prodotti della logica perversa del massimo profitto. Una relazione di reciprocità città-cittadini, ma in senso lato si potrebbe dire spazio-corpo, di cui gli artisti si fanno portavoce declinando ognuno a suo modo i temi della mutevolezza, del decoro urbano e dell’abbandono inteso come fine del ciclo di vita del prodotto e conseguente perdita della sua funzionalità.

Le lastre in mostra sono trenta ambrotipi scattati con la tecnica del collodio umido su tre diversi supporti: vetro, vetro nero e alluminio. Sono immagini positive dirette, per cui ogni lastra è un unicum non riproducibile. C.O.R.P.O. è una esposizione che verte sul tema dell’archeologia industriale, è il corpo urbano fatto di ferro, acciaio, lamiere e materia. E’ l’anima, la struttura di OZ Officine Zero luogo in cui il collettivo Pigments ha il proprio studio.

“Abbiamo voluto realizzare questo lavoro principalmente per due motivi. Il primo è relativo all’importanza che attribuiamo alla fotografia come strumento che ci permette di mantenere viva la memoria storica, quindi per noi le lastre hanno valore di veri e propri documenti. Il secondo è purtroppo legato alla condizione di precarietà del sito delle Officine Zero che corrono il rischio di scomparire dal momento che sullo spazio è in corso una procedura d’asta. Il lavoro è di conseguenza anche un tributo a un mondo che potrebbe non esistere più.”

La multifactory romana autogestita da una quarantina tra artigiani e lavoratori autonomi è nata con lo scopo di sottrarre uno spazio urbano come quello delle officine ex-RSI alla speculazione edilizia per restituirlo al lavoro comune e ai servizi sociali indispensabili alla città di Roma. Dopo un anno e mezzo di occupazione da parte degli operai in cassa integrazione, e in seguito alla sentenza che ha decretato il fallimento dell’azienda CSF (ex-RSI), nelle officine di Via Umberto Partini (Casal Bertone), dove prima si svolgeva la manutenzione dei treni notte, è sorto un laboratorio sociale inedito che si fonda sui principi della economia collaborativa, della rigenerazione urbana e della sostenibilità ambientale.

Una azione a decisa valenza politica che sollecitando la resistenza a una cultura di massa aggressiva e uniformante ha valorizzato la micro-creatività emergente dal basso e ri-generato uno spazio che trova così oggi il modo di riaffermare la propria identità.

 

 

 

 

 

 

 

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