FONDAZIONE GUIDO LODOVICO LUZZATTO

La sensazione, varcando la soglia, è quella di un altrove collocato in un tempo sospeso in cui gli oggetti e le carte sprigionano, pur dall’immobilità, tutta la loro forza vitale. Un tempo fuori dal tempo che ha preservato intatta la ricchezza materiale e immateriale della dimora milanese dello storico e critico dell’arte Guido Lodovico Luzzatto al quale la Fondazione è intitolata.

Nello svelamento delle stanze lo stupore della scoperta: un patrimonio di oltre 8.000 volumi e 300 testate di periodici, testimonianza della frenetica attività di uno studioso che, attraverso le innumerevoli recensioni di libri e una attività giornalistica torrenziale, è stato importante divulgatore dell’arte del suo tempo.

Guido Lodovico nasce nel contesto di una famiglia ebrea di cultura socialista: il padre Fabio è un giurista di Udine ed ex combattente della Prima Guerra Mondiale, la madre Luisa Luzzatto Sanguinetti proviene dalla nobiltà bolognese ed è a stretto contatto con tutta l’area risorgimentale italiana. Carducci e Verdi erano amici di famiglia e c’è un libro molto bello che raccoglie le firme della casa e testimonia di queste frequentazioni. Consegue nel 1922 presso l’Università Statale di Milano la laurea in Storia dell’Arte con una tesi su Giotto e dalla fine del 1926, dopo la soppressione della stampa libera, inizia a viaggiare tra la Svizzera, Parigi e la Germania continuando a svolgere l’attività di storico e critico d’arte all’estero e intrecciando rapporti con le avanguardie, in particolare con l’École de Paris e con la cultura espressionista tedesca. Nel 1940, a causa dell’entrata in guerra dell’Italia, la permanenza in Svizzera diviene un vero e proprio esilio.

Istituita nel 1996 dalla moglie Mathilde Luzzatto dopo sei anni dalla scomparsa del marito con l’intento di preservarne la memoria e divulgarne il pensiero, la Fondazione, che fino ad ora è stata un luogo accessibile esclusivamente agli studiosi interessati alla consultazione dei materiali, apre oggi le porte al pubblico facendo leva proprio sull’arte contemporanea, materia alla quale quest’uomo di grande caratura ha dedicato tutte le sfide e gli sforzi della propria esistenza.

Dopo lo scorso anno, con un progetto di Alessandro Nassiri Tabibzadeh, già Careof, è la Galleria Raffaella Cortese a segnare il nuovo corso della Fondazione con il progetto espositivo “Figures of Climax of the Impersonal Empire” dell’artista francese Mathilde Rosier in concomitanza con la personale della stessa in galleria dal titolo“Impersonal Empire, The Buds”.

I temi cari alla sua poetica, la memoria, lo spazio, l’accesso ad altre dimensioni possibili, trovano in questi ambienti naturale ospitalità, come un richiamo, una eco che viene da dentro questa dimora così pregna di pensiero, di scrittura, di ricordi e stimola un germogliare creativo e vitale. Un invito a vedere quello che ci circonda con gli occhi chiusi, trascendendo sé stessi e la propria identità e perdendo in qualche modo i riferimenti spazio-temporali che ci tengono ancorati alla realtà.

La serie di Ritratti che sono in mostra, proprio perché i visi non assumono mai forma certa e stabile, inducono alla meditazione e alla contemplazione, a scoprire quello che si cela dietro e oltre la rappresentazione pittorica creando una sorta di spaesamento percettivo.

Così come il video presentato nel piccolo televisore del soggiorno“Le vierge Aujourd’hui” in cui il viso riflesso dell’artista si dissolve fino a confondersi con l’orizzonte e scomparire poi definitivamente con il sorgere del sole.

Nella stanza da letto della sorella dell’intellettuale, Gina, l’installazione intitolata Bud Portraits è un omaggio a questa studiosa di botanica esclusa dall’università negli anni Trenta proprio per le sue origini ebree. Il risultato è quello di uno scenario onirico, una fenditura che lascia intravedere un nuovo regno. Impersonale perché privato di qualsiasi elemento di soggettività.

Un racconto che si muove tra la vita e gli oggetti e che insinuandosi nelle pieghe della memoria invita lo spettatore a scoprire la vicenda di uno studioso incapace per coerenza di scindere la professione dai fermi ideali di civiltà e libertà, come ci insegna la monografia a lui dedicata “Guido Lodovico Luzzato. Critico d’arte militante 1922-1940”.

“La mostra” scrive Mathilde Rosier “vuole essere un tributo a uno scrittore che si è impegnato attivamente nella difesa dell’arte moderna e ha combattuto contro il dilagare del fascismo e dell’antisemitismo.”

Fondazione Guido Ludovico Luzzatto, Milano via Canova 7 – sito web 

Dal 13 marzo al 6 maggio 2018, in occasione del progetto espositivo dell’artista Mathilde Rosier “Figures of Climax of the Impersonal Empire” la Fondazione osserverà i seguenti orari: martedì e sabato h. 15:30 – 19:30

Aperture speciali per MIART 9-15 aprile: lunedì-giovedì e sabato 15.30-19.30; venerdì 15:30-22:00; domenica 11:00-19:30; inoltre: domenica 22 aprile e 6 maggio h. 14:30 – 19:30

Foto di Elisabetta Brian 

Abiti di Elle Venturini

 

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