XYZBAG, LA SARTORIA DIGITALIZZATA

“L’idea era di creare un nuovo concept di borsa più che una borsa di per sé anche se, come tutte le donne, è un accessorio che amo e quindi un pensiero di fondo, latente, è sempre stato presente. Ma io ho approcciato la borsa da un punto di vista scientifico si potrebbe dire, facendo un tipo di percorso molto industriale.”

Un padre da sempre impegnato nel settore tecnico, nata e cresciuta in mezzo alla plastica, una qualifica di designer e studi nell’ambito della progettazione industriale, Annalisa Nicola ha saputo reinventare in maniera creativa e sorprendente il rigoroso linguaggio dei tre assi cartesiani dando vita a XYZBAGun progetto innovativo di borse realizzate con il metodo del 3D printing. Una mente brillante capace di trovare un punto di equilibrio tra tecnica ed estetica, istituendo tra loro un dialogo che muove da una diversa concezione di prototipo, superandone la definizione di elemento preparatorio e funzionale alla produzione industriale.

“La prototipazione, nel settore dello stampaggio ad iniezione, nasce sempre come attività preparatoria allo sviluppo di uno stampo per creare una quantità di pezzi superiore almeno a 1000. Ma io mi sono detta, ed è stata la chiave di volta, perché non vedere quel prototipo come un prodotto esso stesso, finito e pronto al consumo?”

Ecco l’intuizione: trasformare l’oggetto industriale in qualcosa di sartoriale, fare cioè il passaggio inverso da industriale ad artigianale.

La tecnologia additiva viene messa al servizio anche degli accessori della moda: la borsa, inserita in uno spazio macchina, sale in verticale grazie a una procedura che prevede la creazione di strati di polvere diversi che si solidificano uno sull’altro grazie all’utilizzo del laser.

“La borsa sta dentro una specie di cubo e dall’esterno non si vede nulla, tutto il procedimento viene realizzato per mezzo di una macchina. Ma una volta estratto questo cubo, bisogna proprio scavare, artigianalmente, con le mani, in mezzo alla polvere per estrarre il prodotto. E poi, come se la borsa fosse una scultura, bisogna lavorarla, pulirla e sottoporla a una serie di trattamenti per renderla fruibile.”

Sperimentazione, unicità, una strategia made to order tale per cui il prodotto non esiste fino al momento in cui qualcuno non decide di averlo.

Il bello è che queste borse nascono da qualcosa di virtuale che noi costruiamo a livello di design e di progettazione e poi, se qualcuno decide che il virtuale si deve trasformare in reale, in qualcosa di fisico, ecco che allora, solo in quel momento, procediamo con la stampa.

E’ la possibilità di co-creazione insieme al cliente che può intervenire direttamente sull’oggetto personalizzandolo a piacimento. Una dimensione virtuale che permette a ciascun individuo di partecipare a nuove pratiche e di diversificare forme e contenuti.

“Il mio è un prodotto sempre in modalità beta, che può sempre essere cambiato, non è mai fisso. La vera complessità sta nella costruzione della matematica che richiede, quella si, una expertise importante. Bisogna cioè saper creare un oggetto pronto per la stampa e non è esattamente una banalità. Attualmente la tecnologia funziona perfettamente quando è declinata nel colore nero perché il prototipo nasceva con delle esigenze diverse rispetto al prodotto finito, quindi certe problematiche non se le doveva nemmeno porre tanto erano destinate alla finitura dello stampo. Invece ora è necessario trovare dei giusti compromessi intervenendo anche con una serie di lavorazioni dopo la fase di trasformazione.”

Eppure è proprio la restituzione di una materia disomogenea, con un effetto a volte vintage, l’esasperazione del design della forma a tal punto da renderla complessa, piena di fori, che rendono speciali queste lavorazioni. All’interno buste in pelle, versatili e funzionali, frutto della collaborazione con artigiani tradizionali che offrono molteplici combinazioni di prodotto.

“In futuro? L’ambizione di arrivare a non vendere borse, non come le consideriamo ora, non borse fisiche intendo, bensì di vendere file cavalcando un trend già abbastanza consolidato negli USA e nei Paesi del nord Europa e che noi conosciamo poco perché il 3D printing in Italia sta muovendo solo ora i primi passi. Mi piacerebbe poter creare delle sinergie, potrebbe essere interessante pensare a sistemi di produzione de-teritorializzati, non più centralizzati. Rafforzando il concetto di Design in Italy più che di Made in Italy, perché significa essere associati a un contesto produttivo e culturale radicato in questo nostro territorio.”

Le nuove necessità in campo culturale, sociale e di costume si trovano del tutto dispiegate in questo progetto che sa parlare attraverso un linguaggio nuovo, o per lo meno mai tentato nel campo della moda. La manipolazione delle tecniche digitalizzate crea elementi aperti alla partecipazione attiva degli utenti, capaci di stimolare processi creativi che sollecitano anche una riflessione sulla contemporaneità. E uno spirito di innovazione che prelude agli sviluppi futuri.

Desidero ringraziare per la cortese intervista Annalisa Nicola co-fondatrice di XYZBAG – www.xyzbag.com/gretel – FacebookInstagramTwitter.

Foto di Elisabetta Brian

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